Obama, l’Isis e l’islam
In un discorso in diretta tv alla nazione Barack Obama ha confermato la propria strategia nella lotta contro i tagliagole dell’Isis: raid aerei, droni e forze speciali sul terreno (non truppe), ribadendo che gli Stati Uniti non si faranno “trascinare un’altra volta in una guerra lunga e costosa sul terreno”. Il riferimento è a quanto fece l’amministrazione di George W. Bush nel 2001 per l’Afghanistan e nel 2003 nell’Iraq. Ma giova ricordare che è stato proprio il ritiro delle truppe Usa (nel 2011) a favorire l’avanzata dell’Isis.
Obama tenta di rassicurare l’America dalla minaccia del terrorismo dopo l’attentato di San Bernardino (California). “E’ stato un atto di terrorismo, progettato per uccidere persone innocenti, ma finora non abbiamo prove che i killer siano stati diretti da gruppi terroristici all’estero anche se avevano iniziato un percorso di radicalismo”.
Il presidente promette che “gli Usa sconfiggeranno Isis” ma senza rinunciare ai propri valori e senza “farci trascinare, un’altra volta, in una guerra lunga e costosa in Iraq e Siria, perché “questo è ciò che vorrebbe Isis” e perchè “la libertà è molto più potente della paura” e per questo “sono certo che vinceremo perché siamo dalla parte giusta della storia”. Obama ha riconosciuto che “la minaccia del terrorismo è (sì) reale ma noi la sconfiggeremo. Distruggeremo Isis ed ogni altra organizzazione che cercherà di farci del male. Ed il nostro successo non dipenderà dall’abbandonare i nostri valori, o di cedere alla paura. Queste sono (proprio le) cose che Isis spera accadano. Invece vinceremo dimostrando forza ed intelligenza. I nostri militari continueranno a dare la caccia ai pianificatori di attentati terroristici in ogni Paese dove sarà necessario”.
Per l’ennesima volta Obama chiede al Congresso di intervenire sulle armi da fuoco: “Bisogna rendere più difficile per la gente comprare fucili d’assalto come quelle usate nell’attacco a San Bernardino”, a partire dall’approvazione di una legge “che impedisca a chi si trova già sulla lista nera di quanti non possono salire un aereo – perché considerati pericolosi – di comprare armi”. Questo appello divide l’America ed è già terreno di scontro nella campagna elettorale in vista delle presidenziali 2016.
Nel denunciare lo Stato islamico “come il culto della morte”, Obama ribadisce che “l’Isis non parla per l’Islam. Sono solo dei criminali e degli assassini e rappresentano una parte piccolissima dei musulmani”, sottolineando come bisogna impedire a tutti i costi che questa lotta sia definita come una guerra tra l’America e l’Islam. Obama sottolinea la necessità di respingere le proposte di chi vorrebbe che i musulmani americani fossero trattati diversamente o di chi vorrebbe i test religiosi per le persone che vengono accolte in Usa. E ancora: “Noi crediamo nella dignità umana. Non importa chi sei, da dove vieni, come appari o quale religione pratichi. Tutti sono uguali davanti agli occhi di Dio e davanti agli occhi della legge”. Poi ha concluso: “Siamo dalla parte giusta della storia. E dobbiamo ricordare che la libertà è più forte della paura“.
Discorso troppo fiacco? Il giudizio spetta agli americani. Di certo chi si aspettava un Obama pronto a inviare truppe in giro per il mondo, sarà rimasto deluso. Ma al di là degli interventi militari ciò che manca all’America è una forte leadership internazionale. La titubanza (eccessiva) di Obama ha trasmesso un senso di debolezza che, a ben vedere, non aiuta. La situazione (non solo in Siria) è molto complessa. Sarebbe necessaria una maggiore determinazione, anche nel mostrare i muscoli. Che non sempre è necessario utilizzare.