Bloomberg si prepara
Per la prima volta non sono solo voci di corridoio ma è proprio lui, il diretto interessato, a confermare che sta valutando di correre per la Casa Bianca. Michael Bloomberg lo ha detto in un’intervista al Financial Times in cui, in buona sostanza, ha confermato le indiscrezioni delle ultime settimane. L’ex sindaco di New York dice di sentirsi frustrato per l’andamento (a suo dire deprimente) della campagna elettorale. E proprio questo giudizio sprezzante potrebbe, alla fine, essere la molla per il suo impegno diretto. “Ritengo che l’attuale livello del discorso e della discussione (politica, ndr) sia banale, e tutto si risolva in un insulto agli elettori”. Per Bloomberg gli elettori “meritano molto meglio”. E lui si prepara. Probabilmente a marzo deciderà se candidarsi, o meno. Anche se tecnicamente avrebbe temnpo fino a maggio. Ovviamente se decidesse di presentarsi di fronte al giudizio degli elettori correrebbe come indipendente, non avendo partecipato alle primarie dei due partiti principali, iniziate il 1° febbraio scorso nell’Iowa. “Sto ascoltando ciò che i candidati dicono di voler fare. Poi deciderò”, taglia corto l’ex sindaco della Grande Mela.
Capo di una multinazionale nel settore dei media con sede a New York e filiali in tutto il mondo (15.500 dipendenti divisi in 192 sedi) Michael Bloomberg ha un patrimonio stimato in circa 41 miliardi di dollari (al sesto posto nella speciale classifica degli uomini più ricchi d’America). Nato a Boston nel 1942, laureato in ingegneria elettronica, frequenta la Scuola di Business e Amministrazione ad Harvard. Questa specializzazione gli permette di muoversi nel mondo degli affari come broker assicurativo, con la Salomon Brothers, dove si afferma piano piano come responsabile del borsino obbligazionario e capo dei sistemi di sviluppo. Nel 1981 il grande salto nel mondo della finanza, sul fronte delle news: a 39 anni con altri tre soci fonda la Bloomberg Limited partnership che nel giro di pochi anni diventa una delle più importanti multinazionali nel settore dei mass media.
L’ingresso in politica nel 2001, con l’onore e l’onere di guidare la città di New York, dopo gli anni di Rudolph Giuliani. Bloomberg viene eletto con il Partito democratico. Pochi anni, nel 2005, dopo la scelta di saltare il fosso, accasandosi nel Partito repubblicano. Nel 2009, infine, la terza elezione come sindaco della Grande Mela, questa volta come indipendente.
Ma quali idee professa Bloomberg? Insomma, è un repubblicano o un democratico? Difficile rispondere affibbiandogli un’etichetta. Dal punto di vista economico è un convinto liberale, collocabile senza esitazione a destra. Essendo a favore dell’aborto e dei matrimoni gay viene considerato molto più a sinistra di diversi esponenti democratici. Lo stesso dicasi per le battaglie ambientali, la creazione delle piste ciclabili e le iniziative iper salutiste, per certi versi ossessive (vedi divieti di fumo anche nei parchi e contro le bibite gassate). Quando era sindaco si era conquistato le simpatie popolari andando a lavoro in metropolitana. Nel 2008, infine, appoggiò la candidatura di Obama alla Casa Bianca.
Quando smise di fare il sindaco promise ai suoi uomini che sarebbe tornato in azienda ma solo per poche ore al giorno. Voleva occuparsi di filantropia, curando e finanziando varie iniziative in giro per il mondo (un po’ la stessa cosa che da anni fa Bill Gates). Poi però non ha resistito al richiamo ed è tornato ad occuparsi full-time del suo lavoro.
Con la sua guida New York si risollevò dalle macerie di Ground Zero e tornò ad essere la città delle grandi opportunità e del “sogno americano”, che si realizza anche per cho americano non è. Bloomberg ora sogna la Casa Bianca. Ma la sua sfida, al di fuori dei due partiti tradizionali, sicuramente non è facile. La domanda che molti si fanno, pensando al precedente di Ross Perot nel 1992, è questa: Bloomberg farà perdere più voti alla destra o alla sinistra?