Giuliani_Trump2Dopo la sberla rimediata nel Wisconsin Donald Trump ha cancellato una conferenza stampa che aveva in programma per venerdì in California, decidendo di concentrarsi sulla campagna elettorale a New York, dove si voterà il 19 aprile. Un appuntamento elettorale molto importante quello della Grande Mela, con 95 delegati in palio. L’ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani, ha fatto sapere che sta con il tycoon. “Appoggio Trump e voterò per lui”, ha detto in un’intervista al New York Post. Passato alla storia come sindaco di New York al momento degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, Giuliani ha spiegato che non è d’accordo con tutti i punti del programma elettorale di Trump, ma che confida in lui per la gestione di questioni come economia, immigrazione e sicurezza. Trump intanto gongola per il sostegno ricevuto. “Hanno tutti un grande rispetto per Rudy Giuliani e questo è davvero un grande onore”, si legge in una nota del tycoon. Quello dell’ex primo cittadino della Grande Mela non è un vero e proprio “endorsement” per Trump, come lo stesso Giuliani a tenuto a precisare, ma solo una dichiarazione sull’intenzione di votare per lui alle cruciali primare del prossimo 19 aprile nell’Empire State.

Intanto Trump ha ritoccato il proprio staff, rafforzandolo in vista delle primarie di New York e di una convention che si preannuncia aperta e incerta, dove molto probabilmente nessuno dei candidati arriverà con il numero necessario di delegati per ottenerela nomination. Ipotesi che, dopo la sconfitta di Trump in Wisconsin, appare sempre più probabile. Paul Manafort, uno dei veterani dello staff di Trump, acquisterà un ruolo maggiore, sopperendo in parte anche a Corey Lewandowski, che in parte è stato azzoppato dopo le accuse di percosse mossegli da una giornalista. “Il processo per la nomination è arrivato a un punto che richiede una persona esperta con problemi complessi coinvolta in queste fasi finali”, ha spiegato Trump in una nota. Aveva sempre tenuto a far sapere che tutto ruotava intorno a lui e che i collaboratori che lavoravano per lui erano importanti, sì, ma non fondamentali. Ora che la battaglia si fa dura, però, anche Trump ha capito di aver bisogno dei professionisti della politica.

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