Michelle Obama e Sanders con Hillary Clinton
Il primo giorno della Convention democratica, al Wells Fargo Center di Philadelphia, ha avuto due protagonisti indiscussi: Michelle Obama e Bernie Sanders. Sono saliti sul palco con un messaggio molto chiaro: Trump non deve vincere le elezioni presidenziali di novembre e, per sbarrare la strada al tycoon, i democratici devono necessariamente mettere da parte ogni polemica e stringersi intorno a Hillary Clinton. Il partito dell’asinello non è mai stato così diviso come quest’anno, con l’agguerrita ala anti establishment desiderosa di far sentire la propria voce e le polemiche, durissime, dopo le rivelazioni di Wikileaks riguardanti il Democratic National Committee (Dnc), che hanno smascherato le strategie del partito volte a indebolire la campagna di Sanders a favore della Clinton. In un clima così infuocato, la first lady e il senatore “socialista” del Vermont si sono dovuti districare in una duplice veste: quella di pompieri e, al contempo, di agit-prop.
“Mi sveglio ogni giorno in una casa che è stata costruita dagli schiavi…”, dice Michelle Obama in un passaggio del suo discorso in cui rivendica la grandezza degli Usa, che ha permesso al primo presidente afroamericano di arrivare alla Casa Bianca ed ora permetterà (questo almeno è l’auspicio di Michelle) alla prima donna di diventare presidente. “Questa è la storia di questo Paese, la storia che mi ha portato su questo palco questa notte, la storia di generazioni di persone che hanno sentito le sferza della frusta, la vergogna della schiavitù, la sofferenza della segregazione ma hanno continuato a crescere e sperare e fare quello che dovevano fare perché oggi io mi svegliassi ogni giorno in una casa costruita da schiavi”. A questo passaggio rivolto a un triste passato dell’America, Michelle Obama fa seguire un richiamo al presente, al cambiamento che c’è stato (e che di nuovo può esserci): “Guardo le mie figlie, due belle, intelligenti giovani donne nere, che giocano con i cani sul prato della Casa Bianca e grazie ad Hillary Clinton, le mie figlie, e tutti i nostri figli, ora ritengono scontato che una donna possa diventare presidente degli Stati Uniti”. “Non lasciate che nessuno vi dica dobbiamo rendere l’America grande di nuovo – è l’affondo finale a Trump – perché questo è il più grande Paese del mondo”.
Michelle Obama si è calata perfettamente nel ruolo di mamma d’America, cercando di toccare le corde giuste per sottolineare l’importanza del momento storico che l’America sta per vivere. Con un sin troppo chiaro riferimento a Trump la first lady ha sottolineato che, come i genitori, anche i leader politici devono essere dei modelli per i più giovani: “Ogni parola che pronunciamo, ogni azione che compiamo i nostri figli ci guardano, come genitori siamo i loro più importanti modelli. E Barack ed io abbiamo affrontato con lo stesso atteggiamento il lavoro di presidente e first lady, perché sappiamo che le nostre parole, le nostre azioni influenzano non solo le nostre figlie, ma i ragazzi di tutto il Paese”. Ogni riferimento a Trump era voluto.
A novembre gli americani saranno chiamati a decidere “chi avrà il potere di forgiare i nostri figli per i prossimi quattro o otto anni della loro vita”, ha concluso Michelle, sottolineando come sia Hillary Clinton l’unica persona giusta per questo compito. “Non ha vinto la nomination otto anni fa, ma non si è rinchiusa nella rabbia o nel rammarico” ha detto Michelle. “Hillary non ha fatto le valigie e se ne è andata, perché è veramente al servizio dello Stato, perché sa che questo è più grande dei suoi desideri e delle sue delusioni”. Con questa frase si è rivolta ai sostenitori di Sanders che ancora faticano a dare il proprio sostegno alla Clinton.
Bernie Sanders sta con Hillary
“Abbiamo bisogno di una leadership che ci unisca e ci renda più forti – dice Bernie Sanders dal palco – non di una leadership che insulta latinos, messicani, musulmani, donne, afroamericani, veterani e malati. Clinton dovrebbe essere il presidente degli Stati Uniti . Questa elezione deve avere a cuore le esigenze degli americani e il futuro da creare per i nostri figli e i nostri nipoti”.
Dopo i fischi dei suoi sostenitori, ogni volta che cita il nome dalla candidata democratica, e dopo aver ricevuto una standing ovation di tre minuti, Sanders richiama i democratici all’unità e a votare per la Clinton: sarà “un presidente eccezionale ed io sono orgoglioso di sostenerla. Mentre Donald Trump – prosegue – è impegnato a insultare un gruppo dopo l’altro, Hillary Clinton capisce che la nostra diversità è uno dei nostri maggiori punti di forza”. Con una punta di orgoglio Sanders ricorda che la sua campagna ha dato inizio ad una rivoluzione politica per trasformare l’America, e “quella rivoluzione, la nostra rivoluzione, continua”.
“Noi abbiamo fatto la storia, abbiamo creato la nuova agenda politica americana”, ribadisce il senatore del Vermont. “Quando è iniziata la campagna eravamo considerati al di fuori dell’establishment e dei media. Dopo un anno noi non siamo giocatori esterni. Noi abbiamo dimostrato a tutto il mondo che le nostre idee, anche se sembravano fantasie utopistiche, erano idee per sostenere i lavoratori del Paese. Abbiamo mostrato che la popolazione americana vuole un’agenda progressista che combatta a favore di ideali sociali, per una giustizia ambientale e che crei un governo che rappresenti tutti e non solo una manciata di ricchi contribuenti”.
C’era molta attesa anche per il discorso della senatrice Elizabeth Warren, simbolo dell’ala più progressista dei democratici. Il suo intervento è stato acclamato ma non come quello di Sanders e della first lady (guarda). Warren però ha fatto la sua parte, prevedendo che “a novembre gli americani metteranno in chiaro che un uomo così (Trump, ndr) non potrà mai essere presidente degli Stati Uniti”, dopo aver accusato il candidato repubblicano di alimentare le divisioni, l’odio e la paura nel Paese.
Guarda il discorso di Michelle Obama
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Guarda il discorso di Bernie Sanders
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