Tutti vogliono la Florida
Barack Obama è convinto di una cosa: “Se vinciamo la Florida, vinciamo le elezioni”. Facendo campagna elettorale per Hillary Clinton, a Miami, il presidente cerca di galvanizzare i democratici. “Avete la chance di fare la storia”, dice rivolgendosi ai giovani e riferendosi al fatto che Hillary sarebbe il primo presidente donna degli Stati Uniti. “Queste chance non capitano spesso”, ha osservato Obama. “Ci sono momenti in cui si possono migliorare o peggiorare le cose e questo è uno di quei momenti – ha insistito – vi chiedo di credere nella vostra capacità di cambiare le cose: è gioco la decenza, la giustizia… è in gioco la democrazia. Hillary Clinton ci porterà avanti se ci crederete”. E in uno slancio di carineria il presidente osserva che Hillary lo ha reso “un presidente migliore. Poi un elenco di elogi: “Capisce la politica, capisce come funziona il mondo, capisce che le cose che facciamo, che le sfide che affrontiamo non sono astratte ma che significano cose reali per la gente reale. Sarà un presidente intelligente e saldo per gli Stati Uniti”.
Ma la Florida sarà davvero decisiva? Il Sunshine State fa parte di quei cinque-sei Swing State (stati in bilico) che, a detta di tutti gli esperti, saranno decisivi (Pennsylvanya, Ohio, Colorado, Wisconsin, North Carolina e Florida). Con 29 grandi elettori è uno degli Stati più controversi degli ultimi decenni. La sua composizione demografica è complessa, con l’immigrazione cubana e portoricana ma anche con diverse zone piene di pensionati bianchi. Per molti analisti la decisione dei cittadini della Florida potrebbe essere quella che veramente muoverà la bilancia elettorale e ciò si riflette sulla quantità di eventi di campagna elettorale programmati in questo Stato negli ultimi giorni di campagna elettorale. A pochi giorni dal voto Clinton è davanti a Trump di soli 0,7 punti, secondo la media dei sondaggi RealClearPolitics. Ma il margine è così stretto che potrebbe provocare sorprese per entrambe le parti. Si rischia il “too close to call”, cioè che nella notte dell’Election Day lo spoglio si chiuda senza un effettivo vincitore perché lo scarto tra Trump e Clinton sarà così piccolo da essere irrilevante.
Secondo due sondaggi appena pubblicati, uno dalla Quinnipiac University che assegna alla democratica un vantaggio di un punto, ed uno della Cnn che le dà due punti, considerato il margine di errore, di fatto siamo di fronte ad una situazione di parità statistica. Il sondaggio della Cnn negli altri “battleground states” indica la Clinton in vantaggio in Pennsylvania e Trump in Nevada ed Arizona, stati dove fino alla scorsa settimana era in netta salita. Mentre il rilevamento tra gli ‘swing state’, cioè gli stati in bilico, della Quinnipiac University indica un altro Stato dove si rischia il “too close to call”, la North Carolina. Trump viene segnalato in vantaggio anche in Ohio. Buone notizie per la Clinton arrivano dagli exit poll dell’early vote, il voto in anticipo: in tre stati che appaiono decisivi come Florida, North Carolina e Ohio, Clinton ha un ampio vantaggio tra gli elettori che hanno votato in anticipo, in Florida – dove a ieri avevano votato già 4,4 milioni di elettori, un numero record – di sei punti percentuali.
In ogni caso, i sondaggi sugli stati in bilico delle ultime ore indicano tutti una netta ripresa di Trump in questi ultimi giorni, anche per effetto dell’October surprise dell’Fbi che ha rimesso sotto inchiesta la Clinton. “Dopo due anni di campagna elettorale che ha prodotto i candidati alla presidenza più impopolari della storia americana, le elezioni verranno decise, come del resto succede da decenni, da un pugno di swing states”, è l’analisi di Peter A. Brown, vice direttore del Quinnipiac University Poll. “Nessuno è stato eletto presidente dal 1960 senza vincere due dei tre stati chiave, Florida, Ohio e Pennsylvania. E quest’anno la North Carolina è stata aggiunta al gruppo, e in tutto i quattro stati i candidati appaiono in questi giorni finali impegnati in un testa a testa”, ha concluso Brown. Che poi ha aggiunto che “la forza di Trump sono gli elettori indipendenti“. Ed ha poi sottolineato come il “fattore razziale in Florida sia evidente: Clinton ottiene un terzo dei voti dei bianchi, Trump il 58%, mentre i non bianchi sono schierati con forza per i democratici”.