Obama e Trump su Fidel Castro
Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama commenta la scomparsa di Fidel Castro in modo sin troppo stringato: “Ha alterato il corso delle vite dei singoli, delle famiglie e della nazione cubana”. Ma nessuna critica, il giudizio per lui è sospeso: “Sarà la storia a registrare e giudicare l’enorme impatto di questa singolare figura sulla gente e sul mondo che lo circondava”.
Obama non giudica Castro, né in positivo (sarebbe stato davvero troppo) né in negativo. Si limita a definire questo momento denso di “profonde emozioni” per i cubani di Cuba e per quelli che vivono negli Stati Uniti. Secondo Obama il rapporto tra gli Stati Uniti e Cuba è stato caratterizzato per decenni da “divergenze politiche profonde”, ma durante la sua presidenza sostiene di aver “lavorato duramente per mettere il passato alle spalle” con il processo di normalizzazione bilaterale e il ripristino delle relazioni diplomatiche. Lo scopo di questo processo è quello di perseguire “un futuro in cui il rapporto tra i nostri due Paesi è definito non dalle nostre differenze, ma dalle molte cose che condividiamo come vicini e amici – legami familiari, la cultura, il commercio e una comune umanità”.
Ma è possibile che il leader del mondo libero non si senta in dovere di muovere neanche una critica, sia pure nel rispetto che si deve sempre ai morti, nei confronti dell’uomo che per decenni ha negato la libertà al proprio popolo, tradendo lo stesso spirito della rivoluzione cubana? Nulla di nulla. Obama non giudica, dice che ci penserà la storia a farlo. È ovvio che sarà così. Ma dall’uomo che vinse le elezioni promettendo un sogno (“Yes we can”), ci saremmo aspettati molto di più a livello ideale.
E Donald Trump che dice? “Fidel Castro è morto!”, scrive su Twitter il presidente neo eletto. Nessun commento, a parte quel punto esclamatvo che vuol dire tutto (oppure niente). Poco dopo, però, affonda il coltello. Castro era un “brutale dittatore” che “opprimeva il suo popolo”. Lascia in eredità “un patrimonio di sparatorie, rapine, sofferenze inimmaginabili, povertà e negazione dei diritti umani fondamentali”. “L’eredità di Fidel Castro è fatta di plotoni di esecuzione, furto, sofferenze inimmaginabili, povertà e negazione dei diritti umani fondamentali“, prosegue Trump. “Mentre Cuba resta un’isola totalitaria, la mia speranza è che la giornata di oggi segni una presa di distanza dagli orrori subiti troppo a lungo, e in direzione di un futuro in cui il meraviglioso popolo cubano finalmente vivrà nella libertà che così tanto merita”. “Anche se le tragedie, le morti e il dolore causati da Castro non possono essere cancellati, la nostra amministrazione farà tutto quanto possibile per garantire che il popolo cubano possa finalmente intraprendere il suo viaggio verso la prosperità e la libertà. Mi unisco ai tanti cubani americani che mi hanno sostenuto in modo egregio durante la campagna presidenziale”, conclude, “con la speranza di vedere in un giorno vicino una Cuba libera”. Molto duro e diretto Trump. Ma in fondo ha centrato bene il punto: l’America non può dimenticare la libertà. Altrimenti non è più l’America. Possibile che Obama non se ne sia reso conto?