Sabina_BerrettaBellissima la storia di Sabina Berretta, scienziata che dirige l’Harvard Brain Tissue Resource Center del McLean Hospital di Boston. Cinquantasei anni, originaria di Catania, dirige uno dei centri più importanti del mondo in cui si studia il cervello umano. Al quotidiano Repubblica, che l’ha intervistata (leggi qui) racconta che dopo il liceo voleva studiare filosofia: “Ma sapevo che non mi avrebbe permesso di sopravvivere: e siccome ero una sportiva mi iscrissi all’Isef. Insegnando ginnastica, pensai, avrò tempo per studiare filosofia, prendere una seconda laurea. Fu preparando la tesi dell’ultimo anno che scoprii la mia vocazione. Il professore che insegnava fisiologia all’Isef era un docente di medicina. Entrai nel suo laboratorio dove facevano studi sul cervelletto. Capii subito che era quello che m’interessava davvero. Misi da parte lo sport e cominciai a studiare medicina a Catania”.

Uno può immaginare che, scoperta la propria vocazione, la strada sia in discesa. Invece niente. Le porte per Sabina si chiudono, nonostante una laurea con lode in neurologia. “Le ricerche nessuno me le pagava: ero una volontaria. E anche da laureata non c’era posto per me. In quell’istituto si liberava però un posto da bidello: pensai che poteva essere un modo per guadagnare dei soldi continuando a studiare. Dopo aver spazzato i pavimenti, insomma, potevo andare in laboratorio e proseguire le ricerche con uno stipendio su cui contare. Non vinsi nemmeno quel posto: eravamo troppi a farne richiesta”.

La fortuna di Sabina è di non aver mollato e di aver avuto il coraggio e la tenacia di continuare a credere nel proprio sogno, nonostante tutto e tutti. Vince una borsa di studio del Cnr grazie alla quale va a studiare all’estero. Sceglie il Mit di Boston, uno dei luoghi al top della ricerca. Si fa conoscere e apprezzare. Da allora (era il 1990) non è più tornata.

Questa storia si è conclusa bene. Nel senso che Sabina ha potuto portare avanti il proprio sogno, grazie anche all’America. A ciò che l’America rappresentava e rappresenta ancora oggi. In Italia solo spalle voltate e neanche un posto da bidella. Negli Stati Uniti, dove vince il merito, ha ottenuto ciò che era giusto. Si badi bene, a vincere non è stata solo lei, ma anche il Paese che l’ha accolta. Premiare il merito, oltre che giusto, fa bene a tutti.

Forse, pensandoci bene, questa storia non avrebbe potuto finire meglio. Immaginate se Sabina fosse rimasta in Italia: nelle nostre università, spesso arroccate su se stesse, in mano ai soliti baroni e ai loro portaborse “yes man”, forse non sarebbe mai arrivata così in alto.

 

 

 

Tag: ,