Donald Trump al Kentucky Exposition Center nella città di LouisvilleA dare la brutta notizia a Trump è stato lo speaker della Camera, Paul Ryan: “Presidente, non abbiamo i voti sufficienti per far passare la legge per smantellare l’Obamacare”. Ryan è andato alla Casa Bianca per chiedere al Commander in Chief se andare comunque avanti con la votazione, oppure cancellarla. Trump ha scelto di lasciar perdere, almeno per ora. La proposta di riforma sanitaria dunque è stata ritirata. Lo stesso Trump ha chiamato un giornalista del Washington Post per dire che il presidente sostiene comunque Ryan. Vedremo per quanto tempo ancora. Ryan, da parte sua, sottolinea che è “un giorno triste per i repubblicani”, ma “non è la fine”. “Fare grandi cose è difficile – si è giustificato – il presidente ha fatto il possibile in questo sforzo. È stato davvero fantastico”. Da parte sua il presidente ha tenuto a far sapere che “l’Obamacare presto esploderà, non è sostenibile. E in una breve dichiarazione dallo Studio ovale ha aggiunto: “Eravamo vicini, ci mancavano tra 10 e 15 voti ma non abbiamo avuto il supporto dei democratici. “Nell’ultimo anno e mezzo ho continuato a dire che la miglior cosa che potevamo fare dal punto di vista politico era lasciare che l’Obamacare esploda. E ora sta esplodendo”. Se quando sarà esplosa i democratici “vorranno aggiungersi a noi per un vero provvedimento di riforma sanitaria, sarò completamente aperto” a questo proposito, ha aggiunto il presidente.

Esulta Nancy Pelosi, leader di minoranza alla Camera. Il ritiro della riforma “è una vittoria per il nostro Paese, è una vittoria per gli americani. È un giorno molto entusiasmante per noi, noi siamo molto orgogliosi dell’Affordable Care Act”. Pelosi era presidente della Camera quando Obama firmò la riforma sanitaria.

Trump ce l’aveva messa tutta per portare a casa il risultato, lanciando un ultimatum ai deputati repubblicani: approvate il progetto di legge o non sarete rieletti. Formalmente l’avvertimento era arrivato dal direttore dell’Ufficio bilancio della Casa Bianca, Mick Mulvaney, durante un incontro con i parlamentari del Gop. Il voto inizialmente era fissato per il 23 marzo, proprio in concomitanza con il settimo anniversario della firma, da parte di Obama, della legge simbolo della sua amministrazione, l’Affordable Care Act, nota come Obamacare. Arrivati alla conta dei voti, però, è emerso il problema: senza tenere conto delle modifiche chieste a gran voce dalla destra del partito (che considerano il piano ancora troppo generoso) la legge sarebbe naufragata, non raggiungendo i voti necessari. Per questo la votazione è slittata di un giorno. Uno “schiaffo” per Trump, che aveva promesso di mandare in soffitta la riforma di Obama nei primi 100 giorni del suo mandato.

Il sito The Hill, che cita fonti del Congresso, scrive che la Casa Bianca avrebbe accettato di ritirare una delle richieste fondamentali per il Freedom Caucus, il gruppo ultraconservatore di deputati che stava ostacolando l’accordo sulla riforma. Ma cosa avevano chiesto questi deputati repubblicani? In primo luogo di togliere l’obbligatorietà delle coperture mediche, soprattutto quelle conosciute come “benefici essenziali”, che coprono l’assistenza in casi di emergenza, la salute mentale, i controlli per la prevenzione delle malattie e le cure per la maternità. Trump aveva accettato, pur rendendosi conto che la mossa avrebbe allontanato i parlamentari più moderati dall’approvare il nuovo testo, specialmente al Senato, dove la maggioranza repubblicana è risicata.

riforma_sanitàIl quotidiano La Stampa scriveva: “Smacco del Congresso a Trump“. Ma è proprio così? Il presidente ha capito che un conto è annunciare i provvedimenti, o firmare i decreti esecutivi, altra cosa è governare. E per farlo occorre una sapiente opera di mediazione in seno al Congresso. Pur di far passare la legge Trump ha concesso molto al Freedom Caucus. Non è bastato. Trump però aveva messo le mani avanti: “Penso che abbiamo buone chance. È solo politica”. Quasi a minimizzare l’importanza. Secondo il presidente del Freedom Caucus, Mark Meadows, i repubblicani pronti a votare contro il piano anti-Obamacare sarebbero stati tra 30 e 40 mentre il Grand Old Party, che controlla la Camera con 237 seggi su 435, non poteva permettersi più di 22 voti contrari. Allargando il proprio consenso tra i conservatori più radicali, come già sottolineato, Trump avrebbe rischiato di perdere i moderati.

Obama si è fatto sentire nel giorno dell’anniversario della sua riforma: “La realtà è molto chiara – ha detto – l’America è più forte grazie all’Affordable Care Act. Ci sarà sempre bisogno di lavorare per tagliare i costi, stabilizzare il mercato, migliorare la qualità ed aiutare i milioni di americani rimasti senza assicurazione negli stati che si sono rifiutati di espandere Medicaid. Me se i repubblicani sono seri” nel voler ridurre la spesa allargando la copertura, allora “la priorità” dovrebbe essere quella di “rendere il sistema sanitario migliore e non peggiore per gli americani che lavorano duramente”, ha avvertito l’ex presidente.

Come sottolinea il Sole 24 Ore Trump si trovava ad affrontare una difficile partita. Doveva fare il giocoliere, portando a casa il risultato (la riforma) senza scontentare troppo le diverse anime del suo partito, concedendo qualcosa ad ognuna. Tutto questo tenendo conto, giocoforza, delle esigenze di bilancio. Per ora non ce l’ha fatta. Ma ha perso una battaglia, non la guerra.

Maliziosamente il New York Times osservava che Trump teme di essere finito in un vicolo cieco, lasciandosi convincere ad esporsi personalmente a sostegno della legge per abolire l’Obamacare. Il Nyt citava quattro persone vicine al presidente, secondo le quali The Donald si sarebbe “pentito di essere andato dietro allo speaker Paul Ryan, spingendo la riforma sanitaria prima di proporre un taglio delle tasse, più appettibile per i conservatori repubblicani”. Quello che brucerebbe di più al presidente sarebbe il fatto di non aver realizzato per tempo che non c’erano le condizioni per una vittoria veloce, come aveva pensato di ottenere rottamando l’Obamacare. E che il voto sarebbe naufragato, come in effetti poi è stato. Senza contare che, rivela ancora il Times, che Trump non avrebbe ascoltato voci importanti, come ad esempio quella del genero Jared Kushner, che da giorni diceva che era stato un errore sposare la proposta della leadership Gop. Anche il vice presidente Mike Pence aveva suggerito a Trump di mantenere le distanze, consigliandogli di continuare a definirla la proposta dello speaker. All’interno della Casa Bianca, però, alcuni consiglieri, tra i quali Steve Bannon, spingevano per un esordio energico dell’agenda. Ma alla fine anche i “falchi” hanno perso la pazienza, e non sarebbero stati entusiasti del testo di compromesso raggiunto da Ryan, preferendo quindi far saltare il tavolo. Anche perché spingere ulteriormente a destra l’American health care act per farlo approvare alla Camera, avrebbe voluto dire condannarlo ancor di più al Senato. La partita si è chiusa con un nulla di fatto. Una bocciatura per Trump, che però potrò rifarsi. Sempre che riesca a costruire, intorno a sé, una maggioranza coesa al Congresso. Cosa non facilissima.

 

 

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