Fbi, terremoto a Washington
La bufera non si è ancora placata. Il giorno dopo il licenziamento in tronco del capo dell’Fbi, Donald Trump torna sull’argomento: “I democratici hanno detto alcune delle peggiori cose su James Comey – scrive su Twitter – incluso il fatto che avrebbe dovuto esser cacciato, ma ora giocano a essere tristi”. “Quando le cose si calmeranno, mi ringrazieranno”. E aggiunge che l’uomo che ha allontanato “sarà sostituito da qualcuno che farà un lavoro migliore, sviluppando lo spirito e il prestigio dell’Fbi”. Dopo poco, a margine di un incontro a sorpresa, nello Studio Ovale, con l’ex segretario di Stato Henry Kissinger, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano spiegazioni, ha ribadito il concetto: “Non stava facendo un buon lavoro. È molto semplice, non stava facendo un buon lavoro”. Ed ha affermato che quanto successo non ha avuto conseguenze sul suo colloquio con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.
Il vicepresidente Mike Pence fa quadrato: la decisione di Trump è stata “adeguata nel momento adeguato. Trump non è sotto indagine e non ci sono prove di cospirazione che coinvolga la nostra campagna e il governo russo”.
Il New York Times scrive che quando ha sentito la notizia del proprio licenziamento Comey all’inizio ha pensato fosse uno scherzo. Ma dopo qualche minuto un collaboratore gli ha confermato che era tutto vero. E che la lettera di licenziamento proprio in quel momento veniva consegnata, a mano, nel suo ufficio di Washington. Il fulmine a ciel sereno, infatti, è arrivato mentre Comey si trovava nell’ufficio dell’Fbi di Los Angeles. Il mandato di direttore del bureau è molto lungo, 10 anni, a salvaguardia dell’indipendenza e dell’integrità del capo della più importante agenzia investigativa federale.
Alcuni giorni prima del suo licenziamento, scrive il Nyt, il direttore dell’Fbi aveva chiesto al Dipartimento di Giustizia più risorse da dedicare all’inchiesta sul cosiddetto Russiagate, riguardante i presunti rapporti tra la campagna di Trump e Mosca.
Qualcuno ha accostato la mossa di Trump a quanto avvenuto nell’ottobre del 1973, quando l’allora presidente Richard Nixon ordinò il licenziamento di Archibald Cox, il procuratore speciale che indagava sullo scandalo del Watergate, che poi travolse la sua presidenza. Anche se Trump nella sua lettera di licenziamento ha sottolineato che il direttore dell’Fbi per tre volte gli ha assicurato che lui non è coinvolto nell’inchiesta, molti a Washington hanno pensato alla notte passata alla storia come il “Saturday Night Massacre“. Anche Bill Clinton, a onor del vero, licenziò un direttore dell’Fbi, William Sessions, accusato di malversazione. Oggi chi evoca lo spettro del Watergate sottolinea che il licenziamento di Comey potrebbe avere un effetto boomerang per Trump: “Se il presidente pensava che l’inchiesta sul Russiagate sarebbe sparita – ha detto a Politico lo storico Timothy Naftali – la sua decisione ha fatto in modo che non sarà così, perché ora sarà più difficile liberarsi di queste accuse, perché rimarrà sempre il dubbio” che Trump abbia qualcosa da nascondere.
La mossa di Trump ha provocato un’ondata di proteste al Congresso, anche da parte di alcuni esponenti repubblicani. Su tutti Richard Burr, presidente della commissione Intelligence, che indaga sul Russiagate, l’inchiesta sulle interferenze russe nelle elezioni Usa e le presunte relazioni tra lo staff di Trump e la Russia, che secondo alcuni sarebbe all’origine della clamorosa mossa della Casa Bianca. Burr si è detto “preoccupato dalla tempistica e dalle motivazioni del licenziamento” che, a suo dire, “confonde ulteriormente la già difficile inchiesta della Commissione”. Inchiesta con cui, rileva Burr, Comey ha sempre collaborato “in modo chiaro e diretto, mostrando molto più disponibile nel passare informazioni di ogni altro direttore dell’Fbi che io ricordi”. Anche John McCain, presidente della commissione Forze Armate, e Bob Corker, presidente della commissione Esteri, si sono uniti alla richiesta della minoranza democratica di nominare un procuratore indipendente per il Russiagate.
Sul licenziamento di Comey è intervenuto anche Edward Snowden, l’ex talpa dell’Nsa americana, l’uomo che rivelò i programmi di controllo di massa da parte dell’intelligente Usa: “Ogni americano – ha scritto su Twitter – dovrebbe condannare una tale interferenza politica nel lavoro del Bureau”. E ancora: “Il direttore dell’Fbi ha cercato per anni di mettermi in galera per le mie attività politiche. Se posso oppormi io al suo licenziamento, potete farlo anche voi”. Da anni Snowden si trova in Russia dove ha ottenuto un permesso di soggiorno.
Chi prenderà il posto di Comey? Un funzionario della Casa Bianca fa sapere che Trump sta valutando quattro nomi. L’attuale direttore pro tempore Fbi, Andrew McCabe, l’assistente direttore Paul Abbate, l’agente speciale di Chicago Michael J. Anderson, e l’agente speciale di Richmond (Virginia) Adam Lee.
La lettera di licenziamento
“Caro direttore Comey:
Ho ricevuto dal ministro della Giustizia e dal suo vice le lettere che allego, in cui mi viene raccomandata la sua rimozione dal ruolo di direttore dell’Fbi. Ho accettato la loro raccomandazione: lei è dunque licenziato e sollevato dal suo incarico, con effetto immediato. Ho molto apprezzato il fatto che lei mi abbia informato – in tre diverse occasioni – del fatto che io non sia sotto indagine; tuttavia concordo con il giudizio espresso dal dipartimento di Giustizia, secondo il quale lei non è più in grado di guidare efficacemente il Bureau. È essenziale, per noi, trovare una nuova guida per l’Fbi, in grado di ricostituire la fiducia di tutti nella sua vitale missione: quella di far rispettare la legge. Le auguro il meglio per il resto della sua carriera”.
Donald J. Trump