Astronave Enterprise, Star Trek“Spazio, ultima frontiera. Eccovi i viaggi dell’astronave Enterprise durante la sua missione quinquennale, diretta all’esplorazione di nuovi mondi, alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare laddove nessun uomo è mai giunto prima”… Spero che i lettori mi perdoneranno se inizio questo post con una frase del Capitano Kirk, protagonista della fortunata serie tv Star Trek, che guardavo da bambino.

Ma cosa c’entra Star Trek con questo blog che parla di America? C’entra perché lo spazio torna a essere uno degli obiettivi degli Stati Uniti. Con la direttiva che il presidente Donal Trump ha appena firmato per far tornare l’America sulla Luna come base di lancio “per Marte e oltre”. Nella corsa allo spazio “gli Stati Uniti sono leader e resteranno leader, questo è un passo gigantesco verso il futuro”, ha detto il commander-in-chief nella Roosevelt Room della Casa Bianca. L’obiettivo “è riportare gli astronauti americani sulla Luna per la prima volta dal 1972… e questa volta non ci limiteremo a piantare la nostra bandiera ma lasceremo la nostra impronta per un eventuale viaggio verso Marte e forse, un giorno, oltre, su altri mondi. Ciò assicurerà che il programma spaziale dell’America torni ad ispirare e a guidare l’umanità”.

Accanto a Trump c’erano Neil Armstronggli astronauti Peggy Whitson e Christina Koch e l’ex astronauta dell’Apollo 17, Jack Schmitt. “È molto entusiasmante e molto importante per il nostro Paese e significa anche lavoro”, ha detto Trump firmando la direttiva. “Siamo onorati di essere affiancati in questa occasione dall’astronauta dell’Apollo Jack Schmitt. Esattamente 45 anni fa, quasi in questo momento, Jack è stato uno degli ultimi americani a mettere il piede sulla Luna. Che ne pensi Jack? – ha chiesto Trump – la direttiva che firmo oggi riporterà il focus dell’America sul programma umano di esplorazione spaziale e di scoperta”.

La corsa allo spazio fu uno dei capitoli della Guerra fredda, che aprì la strada ad importanti scoperte scientifiche. Lo slancio verso la “nuova frontiera” rievoca i pionieri americani, quelli che “portavano la civiltà” nei territori selvaggi dell’Ovest. A questo slancio si richiamò John Fitzgerald Kennedy durante la convention democratica di Los Angeles (giugno 1960), nel famoso discorso della frontiera: “Ci troviamo oggi alle soglie di una nuova frontiera, la frontiera degli anni Sessanta. Non è una frontiera che assicuri promesse, ma soltanto sfide, ricca di sconosciute occasioni, ma anche di pericoli, di incompiute speranze e di minacce… Siamo sul bordo di una nuova frontiera, la frontiera delle speranze incompiute e dei sogni. Al di là di questa frontiera ci sono le zone inesplorate della scienza e dello spazio, problemi irrisolti di pace e di guerra, peggioramento dell’ignoranza e dei pregiudizi, nessuna risposta alle domande di povertà ed eccedenze”…

PRESIDENTIAL SPACE DIRECTIVE, 1 SIGNINGTrump si ispira dunque a Kennedy? Assolutamente no. Anche se la retorica di un Paese che torna a pensare in grande e sa guardare oltre i confini del pianeta, fa breccia nei cuori e nelle speranze di molti americani. E può dare un forte impulso all’economia e alla scienza. Molti, oggi come allora, diranno: “A cosa serve andare nello spazio con tutti i problemi che abbiamo quaggiù?”. Già, a che serve… ma la stessa cosa avrebbero potuto dirla a Cristoforo Colombo.

 

 

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