Usa, spesa pubblica e benzina
La differenza più grande tra repubblicani e democratici è che i primi sono per ridurre il peso dello Stato e dare slancio alle imprese contenendo le tasse ed eliminando lacci e lacciuoli; i secondi invece credono nella “mano pubblica” e nel fondamentale stimolo all’economia da parte dello Stato. Il contrasto, che va avanti da decenni, è tutto qui: più o meno tasse, più o meno debito, più o meno intervento dello Stato. Ci sono però delle eccezioni.
Come segnala Goldman Sachs la spesa pubblica degli Stati Uniti rischia di spingere il disavanzo federale verso “un territorio inesplorato”, rialzando i tassi d’interesse e il debito pubblico. Secondo la banca d’affari americana l’amministrazione Trump e i repubblicani corrono un rischio: potrebbero non essere in grado di contare a lungo sulla spinta economica della riforma fiscale. In una nota ai propri clienti Goldman Sachs commenta l’ambizioso piano infrastrutturale della Casa Bianca e il disavanzo pubblico dell’amministrazione Trump, stimando che il deficit federale raggiungerà il 5,2% del Pil Usa entro il 2019 e continuerà gradualmente a salire. “Prevediamo un aumento dei tassi di interesse e un aumento del livello del debito e dunque un significativo aumento degli interessi passivi”, aggiunge Goldman. “In base alle attuali proiezioni, le spese per interessi federali saliranno al 2,3% del Pil entro il 2021” e potrebbero raggiungere il 3,5% entro il 2027.
Alcuni giorni fa è circolata un’indiscrezione. Trump starebbe valutando l’ipotesi di aumentare di 25 cent a gallone (3,79 litri) l’accisa sulla benzina per finanziare il piano per le infrastrutture per strade, autostrade e ponti. Servirebbero circa 1500 miliardi di dollari, di cui solo 200 dovrebbero arrivare dalle casse federali. Durante un incontro con alcuni esponenti del Congresso il presidente avrebbe detto di non essere contrario alla proposta che, secondo alcune stime, porterebbe nelle casse federali 375 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni. Una mossa simile, però, può essere molto pericolosa in chiave elettorale. Gli americani, infatti, sono molto sensibili al costo dei carburanti e potrebbero decidere di “vendicarsi” alle urne in caso di rincari. Come ha ricordato Politico l’ultimo presidente che aumentò l’accisa su Bill Clinton nel 1993 (18,24 cent in più al gallone), un anno prima della pesante sconfitta democratica alle elezioni di midterm. che portò repubblicani al controllo del Congresso.
La Casa Bianca non si sbilancia. Si limita a osservare che tutte le proposte che sono sul tavolo per finanziare le infrastrutture hanno dei pro e dei contro. Si tratta di fare delle scelte politiche e di correre dei rischi. I grupi anti tasse, però, sono già sulle barricate. Ed è difficile che Trump corra questo rischio prima di novembre.