Perché Trump odia Amazon
Non corre buon sangue tra Donald Trump e Jeff Bezos. Il presidente ha messo nel mirino Amazon alla vigilia di Pasqua. Lo ha fatto con uno dei suoi proverbiali tweet, in cui ha accusato l’azienda di truffare le poste americane e di usare il Washington Post (di cui Bezos è editore) per azioni di lobby: “Dato che siamo sull’argomento viene riportato che le poste americane perdono 1,5 dollari in media per ogni pacchetto consegnato per conto diAmazon. Sono miliardi di dollari”. E ancora: “Questa truffa alle poste deve cessare. Amazon deve pagare i veri costi (e le tasse) ora”.
Trump accusa pure il Washington Post, acquistato dal fondatore di Amazon, sottolineando che il giornale dovrebbe registrarsi come lobbista del colosso delle vendite via Internet.
Due giorni prima Trump aveva preso di mira Amazon con un altro tweet in cui accusava la società di rovinare i piccoli commercianti. Il Washington post risponde per le rime dicendo che a scatenare la rabbia di Trump sono gli articoli (molto critici) sul presidente pubblicati dal giornale. Secondo alcuni media, invece, l’accordo con Amazon è in realtà vantaggioso per le poste americane. Il sito Politifact ha dimostrato che le consegne per conto di Amazon sono una delle poche attività che generano profitti per l’azienda.
Ma Trump non molla la presa. “Ho ragione sul fatto che Amazon costi una quantità enorme di denaro ai servizi postali degli Stati Uniti, usati come ragazzo delle consegne. Amazon dovrebbe farsi carico di questi costi e non addossarli al contribuente americano”. In ballo, insiste Trump, ci sono “molti miliardi di dollari. I vertici dei servizi postali non hanno idea (o ce l’hanno?)!”.
Sia Forbes che Bloomberg accreditano Bezos come l’uomo più ricco del mondo. Nel luglio 2017 il suo patrimonio ammontava a 99,7 miliardi di dollari. Nel 2018 ha sfondato quota 100 (primo uomo nella storia) facendo registrare la bellezza di 123,9 miliardi di dollari (il 26 marzo 2018). La scorsa settimana gli attacchi di Trump hanno causato ad Amazon un calo del 7,7%.
Lo US Postal Service è un’agenzia indipendente del governo federale con 500.000 dipendenti. Nel 2016 ha fatto registrare una perdita di 5,6 miliardi di dollari. Amazon è la più grande azienda mondiale che opera su internet, nel 2016 contava 341mila dipendenti e, con un fatturato di 136 miliardi di dollari, ottenne un utile netto di 2,4 miliardi. A conti fatti Amazon potrebbe anche togliersi lo sfizio di comprarsi le Poste americane. E se non ci fosse la necessità di dover gestire dei conti in profondo rosso e 500mila dipendenti sul groppone, forse lo farebbe anche subito.
Ma per quale motivo Trump intende danneggiare Bezos? Probabilmente il motivo è tutto politico. Spera di farlo venire a più miti consigli, ammorbidendo la linea del Washington Post, suo durissimo avversario. Già che c’è Trump ne fa anche una battaglia politica, accusando Amazon di pagare poche tasse negli Usa e di aver messo in ginocchio un intero settore economico, quello della vendita al dettaglio, con la perdita di 250mila posti di lavoro negli ultimi anni. Entrambi questi temi sono stati affrontati da Trump in campagna elettorale.
All’origine del dissidio c’è anche un duro scontro fra poteri economici: il presidente cerca di difendere chi costruisce e gestisce i centri commerciali, messi in crisi da Amazon (e non solo). E cerca di cavalcare l’onda difendendo i lavoratori messi in crisi dalle nuove tecnologie. Il Washington Post si erge a paladino della libertà. Democracy Dies in Darkness (La democrazia muore nelle tenebre), campeggia in cima alla testata. Trump replica ribattezzando il giornale in questo modo: “Washington Post Fake News”. Lo scontro è totale. Difficile che i due si mettano d’accordo. In piedi resterà soltanto uno.