Chi segue questo blog sa che non ho mai nutrito grande simpatia per Trump. Ma non posso che essere amareggiato e preoccupato per la censura che egli ha subito sui social network. Un conto è la segnalazione, fatta agli utenti, dei contenuti ritenuti “controversi”, altra cosa eliminarlo, tappargli la bocca. È una cosa a mio parere gravissima.

Mi soffermo ora su alcune dichiarazioni raccolte dall’agenzia Adnkronos.  “Dovevano farlo prima (censurare Trump, ndr) – ha detto Gad Lerner -. Si sarebbe evitata la convocazione di un esercito sedizioso, profondamente plasmato dalle menzogne diffuse da Trump. Se lo facessero anche in Italia con alcuni non sarebbe male. Da sempre penso che i social hanno dei proprietari e degli editori che devono avere una responsabilità culturale, i social come colpa hanno quella di aver troppo poco filtrato le menzogne e le denigrazioni che ci sono state in questi anni perciò arrivano molto in ritardo”.

Anche Corrado Formigli (Piazzapulita) è d’accordo con Lerner: “La situazione è delicata, il discrimine è sottile, ma io penso che Facebook ormai non possa sottrarsi alla responsabilità che avrebbe un grande editore su quello che pubblica. Non ci vedo nulla di particolarmente scandaloso nel fatto di aver sospeso Trump: è anzi una scelta di responsabilità”.

Il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, osserva che “se Trump pubblica qualcosa che è palesemente falso o che addirittura incita alla sovversione del sistema democratico, un intervento urgente, in una situazione come quella creatasi a Washington, è lecito” censurarlo. “Sono sempre per la libera circolazione delle opinioni – prosegue – ma i grandi social network come Twitter e Facebook sono strumenti che influenzano l’opinione pubblica al pari di tutti gli altri mass media ed è normale che debbano assolutamente avere delle regole in tal senso come le hanno tutti i media”.

Di diverso avviso Marcello Veneziani: “Credo che ogni censura sia inaccettabile e tanto più se riguarda una persona che ha un seguito corrispondente a mezza America. Mi sembra veramente un segnale inquietante del ruolo sempre più ideologico e al tempo stesso censorio che hanno i grandi mezzi di comunicazione compresi i social. A me è sembrata una cosa assolutamente assurda perché se i mezzi espressivi devono essere in qualche modo esaminati da commissioni di censura siamo in un regime e non più in libertà”.

Enrico Mentana, direttore del tg di La7:  “Ovviamente la questione pone un intreccio di contraddizioni. È chiaro che nel fatto che dei mezzi di comunicazione che hanno sede negli Stati Uniti si trovino a silenziare il presidente in carica degli Stati Uniti c’è un elemento di contraddizione, di sfida. È però anche vero che l’uso da parte di Trump dei social è stato sicuramente fuori misura. Il primo riflesso liberale è di dire ‘non si può chiuderè, però è anche vero che ormai tutti invochiamo un po’ lo stop nei confronti di propalatori di fake news. È come se ora noi dicessimo che imporre il lockdown è pericoloso perché un domani uno chiude tutto anche se non c’è la pandemi oppure, per fare un altro esempio, quando c’è in corso una situazione di attacco terroristico, o una questione di sicurezza, le autorità possono chiudere nella zona i social network per non dare punti di riferimento a chi magari si è trincerato in un luogo”.

“La censura fa schifo – dice Vittorio Feltri – ma se qui da noi le prime censure vengono fatte già a livello di servizio pubblico televisivo, poi non possiamo stupirci del fatto che Twitter o Facebook, che sono aziende private, mandano a fare in c…. anche Trump. Non sono un esperto di social, però ho visto che fanno quello che vogliono. Anche Twitter ad esempio, ci sono momenti in cui ti censura, ti blocca, non ti fa salire i followers. Quindi non è una novità: essendo delle aziende private purtroppo fanno quello che vogliono, e censurano quello che vogliono, e non da adesso”. Feltri però non vuol sentir parlare di attacco alla democrazia:  è “un’espressione che ha un’enfasi retorica che mi appartiene. Basta che uno parli ad un microfono e dice quello che vuole, non esistono solo i social. Ci sono i giornali, la televisione, la radio. Credo che si possa fare anche a meno dei social. Sicuramente siamo vissuti anche senza, e magari non stavamo meglio, ma nemmeno peggio”.

A mio parere ricorrere alla censura nei confronti di un politico è ingiusto e sbagliato, a meno che questi non si macchi di reati gravissimi. Soprattutto per un motivo: chi è il “giudice” che decide che un leader abbia diritto di parlare oppure no? Il ceo di un’azienda? E sulla base di cosa? Chi può intervenire per correggere gli “errori” o gli eventuali abusi di questo arbitro? La censura, oltre che profondamente illiberale, è estremamente pericolosa, e colpisce che la soluzione arrivi da chi si è sempre professato simbolo, e strumento, della libertà di tutti noi.

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