“Era ora di finire questa guerra. Il mondo è cambiato, siamo in competizione continua con la Cina, siamo in sfida con la Russia, e non c’è cosa che loro vorrebbero di più del fatto che noi restassimo impantanati in Afghanistan per altri 10 anni”. Questa frase di Joe Biden mette fine, una volta per tutte, al mare di ipocrisia e di propaganda intorno all’intervento militare degli Stati Uniti a Kabul e dintorni. Nel 2001 l’obiettivo prioritario era dare la caccia a Osama bin Laden, regista dell’11 Settembre, protetto dal regime talebano. Ma tutto il resto, la libertà degli afghani, i diritti delle donne, la democrazia, erano solo chiacchiere. O meglio, belle parole, intenzioni lodevoli, ma nella realtà solo retorica. Altrimenti non si sarebbe mandato tutto a monte restituendo il potere ai talebani 2.0.

Il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan era inevitabile. Su questo non ci sono dubbi. Negli Usa lo volevano tutti, repubblicani in primis, stufi di pagare un conto salato per una guerra lontana e dagli esiti incerti. È stato Donald Trump a firmare gli accordi di Doha, “riesumando” i talebani mai del tutto sconfitti sul campo. L’operazione di “nation bulding” non è andata bene, forse perché non è mai stato estirpato alla radice il peccato originale: l’essersi affidati, come criterio base, alla corruzione. Ci sono state anche cose buone in questi venti anni di impegno militare in Afghanistan, questo è indubbio. Ma dopo venti anni sul campo e un fiume di soldi speso, non è rimasto in piedi nulla.

L’America è cambiata, il mondo è cambiato. Avrebbe avuto senso restare in Afghanistan? E per quanto tempo ancora? Altri cinque, dieci, venti anni sarebbero bastati? Nessuno può saperlo. Di certo un edificio non lo si costruisce senza fondamenta. In Afghanistan purtroppo, sono mancate proprio quelle. Hanno giocato un ruolo determinante anche altre potenze straniere, inutile negarlo: la Cina e il Pakistan, prima di tutti. Vedremo cosa ne sarà dell’Afghanistan. Dispiace per le tante, troppe vite sacrificate. Dispiace per le donne, gli uomini e i bambini oppressi dalla cieca violenza talebana. Dispiace per le speranze, di tanti, andate in frantumi.

Anche se ammaccati, umiliati e feriti gli Stati Uniti d’America sono ancora una super potenza. Con l’Europa, se il Vecchio Continente saprà finalmente trovare unità d’intenti (e mai come adesso è arrivato il momento di diventare grandi) potranno combattere e vincere le nuove sfide del futuro. Il mondo libero ne ha bisogno, oggi più che mai.

 

 

Foto: il generale Chris Donahue sale a bordo di un C-17 all’aeroporto di Kabul. È l’ultimo dei soldati Usa a lasciare l’Afghanistan

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