Putin come Pietro Savastano
“Ce ripigliamm’ tutt’ chell che è ‘o nuost'”, dice Pietro Savastano (padre di Gennaro/Genny) all’inizio della seconda stagione di Gomorra, indicando ai suoi uomini l’obiettivo di riprendere il pieno controllo della città (Napoli).
Mi è rivenuta in mente questa frase seguendo il discorso con cui Vladimir Putin ha annunciato l’inizio della guerra in Ucraina. Il succo non cambia: ci riprendiamo quello che era nostro, l’Ucraina appunto (non stando troppo a sottilizzare sul fatto che Kiev esistesse molto prima di Mosca). E senza guardare in faccia a nessuno, perché decenni di diplomazia e di sforzi per superare la guerra come metodo di risoluzione delle crisi sono solo una barzelletta a uso e consumo degli imbolsiti e inetti occidentali. Putin si vuole riprendere (e forse si riprenderà) tutto quello che è suo. E pazienza se dopo l’Ucraina seguirà qualcos’altro. Del resto, si sa, l’appetito vien mangiando.
L’Occidente stia zitto, per carità, non disturbi lo Zar, pronto a staccare i tubi del gas e lasciarci tutti al freddo. Non sia mai! Sì, va bene, ci sono le sanzioni economiche. Ma senza esagerare, mi raccomando, che poi ne subiamo noi i danni. Del resto siamo in guerra, mica ad una scampagnata fuori porta? Quindi, perché mai, in una guerra, dovremmo subire delle conseguenze?
L’Occidente, ovviamente, ha tutte le colpe del mondo. E gli Stati Uniti in primis. Ragionano così molte persone. Bene, anzi benissimo, liberi di pensarlo. In Russia e in Cina sareste meno liberi, ma ognuno sceglie il modello a cui fare riferimento. Io continuo a preferire la libertà e la democrazia. Mi illudo che sia un sistema migliore, con tutti i suoi difetti. Migliore perché un imbecille che è al potere può essere cacciato via, con le elezioni, e non governa per più di venti anni un paese mettendo in carcere chi scende in piazza per dire no alla guerra, avvelena i nemici, fa eliminare i giornalisti scomodi…
Che fare ora? Bella domanda. “Si vis pacem, para bellum” (se vuoi la pace, prepara la guerra) diceva lo scrittore romano Vegezio. Forse ce lo siamo dimenticati. O, peggio, ci siamo illusi che si potesse fare finta di nulla, voltando la faccia dall’altra parte, per continuare a fare affari e vivere nelle nostre piccole certezze. Ora, però, vediamo le conseguenze della nostra inettitudine.
“Diciamoci la verità – scrive Stefano Feltri, direttore del quotidiano il Domani – dietro la nebbia di chiacchiere sulle sanzioni, il messaggio che l’Occidente manda a Vladimir Putin è che Europa e Stati Uniti non sono disposti a morire per Kiev, e neppure a rimettere in discussione il proprio stile di vita. Gli ucraini sono sacrificabili”. E ancora: “Ci sono popoli che hanno valori non negoziabili, noi abbiamo soltanto consumi non negoziabili. Lo ha chiarito bene il presidente del Consiglio Mario Draghi nel suo intervento in aula. In Italia la dipendenza dal gas russo è salita dal 27 per cento di dieci anni fa al 45 per cento di oggi”.
Con questi numeri, in effetti, c’è poco da stare allegri. E pensate, abbiamo ridotto “la produzione domestica di gas da 17 miliardi di metri cubi all’anno del 2000 ai 3 miliardi del 2020, ma i consumi sono rimasti costanti tra i 70 e i 90 miliardi di metri cubi”. E ancora: “Appena le tensioni con Mosca, combinate con le spinte dell’inflazione, hanno spinto al rialzo il prezzo del gas e le bollette, il governo Draghi ha iniziato a spendere miliardi di euro per limitare l’impatto. Quei miliardi, otto solo nell’ultimo decreto, sono la misura del potere di ricatto di Putin nei nostri confronti”.
“Quanti italiani – si chiede Stefano Feltri – sarebbero disposti a pagare bollette triplicate per sempre se questo servisse a diversificare le forniture dalla Russia e a ridurre il potere della Russia? Pochi, penso. Eppure sacrificare l’Ucraina in nome dei nostri interessi di breve periodo, può avere effetti a catena inimmaginabili”.
Europa, se ci sei (e vuoi continuare a esserci), batti un colpo! Prima che sia troppo tardi.