Frequentavo le scuole Elementari quando, con un compagno di classe, l’amico Duccio, andai al cinema a vedere un film di cui in quell’anno (1983) si parlava moltissimo: Wargames (Giochi di guerra). Gli accordi per il disarmo tra Washington e Mosca erano lontani e l’incubo di una guerra nucleare era molto sentito. Pur essendo piccolo comprendevo che fossero temi importantissimi e… già allora mi appassionavano certi temi.

Dal computer di casa, collegato al mondo con un modem – l’era di Internet era ancora lontana – David Lightman (interpretato dal bravo Matthew Broderick) decide di accedere nel cervellone di una famosa azienda di videogiochi, che sta per lanciare alcuni nuovi prodotti sul mercato. Per caso, chiamando diversi numeri collegati ai telefoni della zona ove ha sede l’azienda, scopre una connessione segreta legata a un supercomputer, progettato e costruito per rispondere a un ipotetico attacco sovietico. Un sistema che addirittura riesce a imparare dai propri errori (l’intelligenza artificiale era studiata già allora).

Dopo tanti tentativi andati a vuoto Lightman riesce a scoprire una password segreta, introdotta dal primo programmatore del sistema, il dottor Stephen Falken, ed entrato nel sistema inizia il gioco, la Guerra termonucleare globale. Impauritosi David decide di staccarsi dal videogioco, scollegandosi dalla connessione, ma ormai è tardi, ha avviato la partita (guerra), con tutte le conseguenze del caso.

Il supercomputer non distingue tra simulazione e realtà, gli americani reagiscono allarmate alle mosse dei sovietici (che in realtà sono quelle fatte da David Lightman), per tutta risposta Mosca si infastidisce per quelle che considera delle assurde provocazioni. Le tensioni, sempre più alte, avvicinano il mondo a una guerra atomica. È l’incubo, andato avanti per decenni, che si tramuta in realtà.

Si trattava solo un film, per fortuna, ma potete immaginare quanto impatto potesse avere in un ragazzino. E lo stesso, ancor più inquietante, avvenne quando, sempre con lo stesso compagno di scuola, andai a vedere The Day After (Il giorno dopo), sempre nel 1983. Il film, per chi fosse troppo giovane o invece lo avesse rimosso, descriveva un reciproco attacco nucleare tra Usa ed Urss, con tutto ciò che ne conseguiva.

Sono passati trentanove anni, una vita. Il mondo vive ancora, purtroppo, l’incubo nucleare, che appare più concreto dopo le minacce di Putin. Auguriamoci che resti solo un’ipotesi remota, da film appunto. Di certo, però, la situazione di quegli anni, con i due blocchi contrapposti che si guardavano in cagnesco e si minacciavano (Usa e Urss), era molto più tranquilla di oggi.

 

 

 

 

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