Se Bob Dylan vince un Nobel…
È fatto degno di nota e riflessione che un Nobel per la letteratura (leggasi: let-te-ra-tura) venga vinto da Bob Dylan, che supera altri tre pretendenti al trono come Haruki Murakami, Philip Roth e Don De Lillo. Per ogni Nobel che va a rimpolpare la lista ce ne sono altri due o tre esclusi. Semplice matematica, si dirà. Non solo.
Le motivazioni di questa scelta? «Aver creato nuove espressioni poetiche all’interno della grande tradizione della canzone americana» ha spiegato Sara Danius, segretario dell’Accademia svedese, aggiungendo: «Se si guarda indietro a cinquemila anni fa, ci sono Omero e Saffo: loro scrissero testi poetici che erano stati pensati per essere cantati e recitati. E questo vale allo stesso modo per Bob Dylan. E poi, continuiamo a leggere sia Saffo che Omero».
A parte la debolezza dell’argomentazione, riferita alla forma e non ai contenuti, viene da sorridere a vedere il padre della letteratura europea accostato al cantore della contestazione (americana), e il pensiero non può che andare ad altri due poeti e scrittori che a loro volta apprezzarono parecchio Omero. Jorge Luis Borges ed Ezra Pound, per la precisione. Il primo, che sempre ammirò quell’orbo veggente, si propose a sua volta di realizzare un’epica moderna, sintetizzando materiali letterari e teologici, filosofici e mitologici, d’Oriente come d’Occidente, da regalare ai suoi contemporanei. Il secondo, tornando e ritornando su Omero nei suoi Cantos (molti dei quali riferiti all’Odissea), e muovendosi nella stessa persuasione del suo collega argentino.
Ma Pound e Borges non ebbero solo in comune l’essersi interessati ai miti e averne creati di nuovi. Furono infatti due tra i celebri esclusi dal Nobel, entrambi per ragioni politiche, dunque extraletterarie. Entrambi per colpe ideologiche che non furono loro perdonate. Ecco cosa accade quando l’arte viene piegata ad interessi extrartistici e a discriminare il grano dal loglio sono la morale e l’opinione pubblica e non l’oggettiva qualità dell’opera. Segni dei tempi, di quella che l’immenso Harold Bloom ha chiamato “scuola del risentimento”, la quale distrugge il Canone Occidentale, che ha reso grande la nostra tradizione letteraria.
La lista degli estromessi va così a crescere, ma i tre nomi di cui sopra sono in ottima compagnia: da Joyce a Céline, da Nabokov a Cortázar, da Proust a Tolstoj, solo per fare qualche nome. Segni dei tempi.