L’ora X si avvicina, inesorabile. Il 4 dicembre il dado sarà tratto e per Matteo Renzi quel giorno lo attende un appuntamento col destino: il suo. Per quanto possa pubblicamente negarlo, il Presidente del Consiglio è pienamente consapevole che sarà sostanzialmente un giudizio di gradimento sulla sua persona e guarda con apprensione ai sondaggi di questi giorni che fotografano una forbice fra il Sì e il No di 3-4 punti in favore di quest’ultima opzione. Ci sono due mesi esatti per provare la rimonta e tenendo conto che gli indecisi, sempre secondo i sondaggi, sarebbero uno sproposito – circa la metà del totale – è pronto a giocarsi tutte le sue carte. La prima risponde al nome di Jim Messina, guru americano della comunicazione che per la ‘modica’ cifra di 400 mila euro, ha l’arduo compito di studiare un modo per traghettare gli indecisi verso il Sì. C’è da dire che nella parcella monstre rientra anche la campagna ‘No Imu’ lanciata prima delle elezioni amministrative e, visti gli esiti non propriamente esaltati per il Pd, viene spontaneo chiedersi se siano effettivamente denari ben spesi. Ma si sa, il nostro è un Paese esterofilo – e assai provinciale – ed essere nati in Colorado fa più figo che esser nati in Basilicata, soprattutto se si parla di comunicazione; se ti proponi come spin doctor e sei di Maratea o Busto Arsizio evidentemente sei poco credibile… Quali ‘diavolerie’ di marketing elettorale si inventerà il political adviser Messina lo scopriremo vivendo, quel che è certo è che Matteo Renzi nei prossimi due mesi sarà mediaticamente ovunque ed è pronto ad invadere i palinsesti televisivi. Come è noto a dare i natali al premier è stato Rignano sull’Arno e non Denver, ma di comunicazione e meccanismi televisivi il nostro ha probabilmente molto da insegnare al guru d’oltreoceano e, sicuramente, a certi suoi avversari. Se dal fronte del No sperano infatti di contrapporgli costituzionalisti, professoroni e luminari vari come Zagrebelsky, tanto vale lasciargli fare un monologo. Sarebbe come pensare di percorrere la tratta Roma – Milano in littorina a vapore piuttosto che in Frecciarossa. Molto romantico per carità, ma assai poco efficace in termini di resa. Lo stesso professor Zagrebelsky, a proposito dell’ormai mitico dibattito su La 7 che tanto ha fatto parlare e riempito pagine di giornali, ha ammesso che «è emersa in maniera chiara non la diversità di idee ma la distanza culturale che ci fa guardare gli stessi problemi da angolazioni diverse. Due mondi diversi che non si sono incontrati. Questo credo che la gente lo abbia capito».

Sì, prof, probabilmente lo ha capito e ha capito anche che il ‘mezzo è il messaggio’: la tv ha un suo peculiare linguaggio, modi e tempi che poco hanno a che spartire con l’approfondimento, la riflessione, l’argomentazione esaustiva.

Convincere razionalmente e persuadere emotivamente sono due concetti molto diversi.
Renzi questo lo sa perfettamente, ed è perfettamente a suo agio nella ‘società dello spettacolo’.
Quando nel 1967 lo scrittore e filosofo francese Guy Debord pubblicò “La società dello spettacolo”  aveva già capito tutto: «Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale fra individui, mediato dalle immagini». In altre parole, è una sorta di velo che nasconde la realtà, che la falsifica e la altera in una rappresentazione della stessa. Non bisogna però pensare che lo spettacolo sia irreale, tutt’altro: Debord afferma che «la realtà sorge nello spettacolo, e lo spettacolo è reale».
Realtà che il sociologo polacco Zygmunt Bauman chiama ‘liquida’: i liquidi non hanno infatti consistenza, assumono di volta in volta la forma del contenitore che li accoglie. Una buona metafora per il politico moderno, che deve essere in grado di ‘plasmarsi’ e modulare il proprio messaggio in base al medium che lo ospita. Talvolta la forma è sostanza, e questo è innegabile.
Il leader politico si trasforma in un’icona pubblicitaria, per prevalere nella competizione elettorale non deve solo produrre argomentazioni razionali a sostegno del proprio programma, o in questo caso della propria riforma costituzionale, deve essere anche in grado di proiettare davanti a un pubblico di cittadini/consumatori/elettori un’immagine gradevole, rassicurante e accattivante. Appare dunque evidente che, più che rendere i cittadini consapevoli, l’intento di Renzi sia quello di portare avanti il suo storytelling fatto di ottimismo.

Molti pensano che a far da apripista a questa mutazione in senso pubblicitario della politica sia stato Silvio Berlusconi. Indubbiamente ne è stato, prima di Renzi e Grillo, uno dei massimi epigoni ma già nel 1986, esattamente 30 anni fa, uno dei più grandi sociologi italiani, Gianni Statera, dava alle stampe il saggio “La politica spettacolo: politici e mass media nell’era dell’immagine”. Il titolo è molto esplicativo e non vi è necessità di ulteriori spiegazioni, nessuno faticherà a comprendere che il telespettatore è, prima di ogni altra cosa un ‘consumatore di illusioni’. E Renzi in questo è un mago, ben lo illustra il giornalista de Il Giornale Fabrizio Boschi nel suo “La grande illusione – Matteo Renzi 2004-2014”.
L’eterogeneo fronte del No scaldi dunque i motori, e i suoi cavalli di razza che possono competere ad armi pari in termini di performance con Renzi chiedano a gran voce un confronto. Penso a Matteo Salvini, a cui verve e slogan non mancano o ad Alessandro Di Battista, fresco reduce da bagni di folla nel suo #iodiconotour.

 

Che nella società dello spettacolo ‘performancesia la parola d’ordine è indubbio e, chi scrive lo afferma senza nessun intento di connotazione negativa, anche in ambito politico vi è una vera e propria ‘idolatria della performance, la ricerca spasmodica dell’applauso ad ogni costo. Non a caso il termine, nel suo significato letterale, indica un’esibizione in pubblico di un artista. Quindi il politico è un artista? In un certo senso sì, la politica è un’arte. Il rischio concreto è che talvolta si trasformi in uno spettacolo comico: non abbiamo forse alcuni esponenti politici che potrebbero fare tranquillamente i cabarettisti? Anche alcuni giornalisti, per carità… Anzi in questo periodo va molto di moda il cabaret in vernacolo toscano o meglio fiorentino. Alcuni dovrebbero veramente esibirsi al Teatro di Rifredi.

Ciò non toglie che, come Berlusconi nella sua straordinaria impresa ha avuto come alleati “oggettivi” molti dei suoi avversari sorprendentemente incapaci di cogliere la logica elementare della cultura di massa e della politica-spettacolo, si rischi anche in questa fase di contrapporre nell’agorà televisiva all’abilissimo comunicatore Matteo Renzi qualche imabalsamato accademico lontano anni luce dalla logica dell’infotainment.

Tag: , , , , ,