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L’esposizione delle banche americane all’Italia è «modesta» e  anche nell’ipotetico caso di una svalutazione del debito italiano «non ci sarebbero seri danni alle nostre istituzioni finanziarie».  Niente male le parole appena pronunciate da Zarathustra-Bernanke, il gran capo della  Federal Reserve, che è la potentissima banca centrale americana.

Peccato, caro  Mr Bernanke,  che gli untori del mercato non vivano in Europa ma negli Stati Uniti che, giova ricordarlo, ha visto fallire insieme a Lehman Brothers, un centinaio di altre banche (o cassa di risparmio) «locali».

Più che gli Stati Uniti ad avere paura di comprare un titolo del debito pubblico europeo (o italiano), dovrebbe quindi essere l’Europa – se avesse un minimo di amor proprio e di unità – a stare alla larga dai T-Bond americani.

Ecco le ragioni:

1) gli Stati Uniti hanno coltivato nei propri laboratori finanziari il virus letale  dei subprime, da cui nel 2007 è scaturita la peste che ha infettato mezzo mondo

2) gli Stati Uniti hanno scaricato, in  connubio con le agenzie di rating (sempre Made in Usa), il costo della crisi sulle spalle dell’Europa, mettendo il coltello alla gola dei Paesi mediterranei più indebitati

3) gli Stati Uniti siedono su una polveriera di  16 TRILIONI di dollari di debito pubblico, pari al 104% del loro prodotto interno lordo. E solo in extremis hanno trovato una soluzione per evitare il fiscal cliff.

Insomma negli States si ragiona con due pesi e due misure evidenti. Ma forse non ci si può aspettare di più in coerenza da un Paese che,  dopo aver osannato la religione dell’acquisto a rate, ha cacciato di casa  a calci nel sedere migliaia di connazionali che non riuscivano più a onorare i propri debiti.

Wall & Street

 


            
         
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