Le grandi Popolari si trasformino in spa. L’auspico arriva direttamente dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, nelle Considerazioni finali. L’attuale disciplina sulle banche popolari «può risultare inadeguata per gli intermediari di grandi dimensioni, operanti a livello nazionale o internazionale e quotati in Borsa». Nella relazione annuale Visco ha sottolineato che «andrebbe resa più agevole, per le banche popolari quotate la trasformazione in società per azioni, quando necessaria e in funzione delle dimensioni delle banche e della natura delle loro operazioni».

Un chiaro riferimento al caso della Banca Popolare di Milano dove il progetto di trasformazione in società per azioni, caldeggiato dal presidente del consiglio di gestione Andrea Bonomi, è stato bocciato dall’assemblea nella quale dipendenti e pensionati dell’istituto milanese hanno confermato la natura mutualistica dell’istituzione. Insomma, il voto capitario (un voto per ogni socio indipendentemente dal numero delle azioni possedute) e la Borsa, secondo Visco, sono difficilmente compatibili perché il mercato chiede risposte precise in termini di redditività, soprattutto quando gli investimenti effettuati sono ingenti. Dunque, se un fondo vuole puntare su una Popolare, non può veder bloccate le proprie pretese da una schiera di «conservatori». E se si considera che nel Ftse Mib oltre a Bpm ci sono anche il Banco, Popolare Emilia Romagna e Ubi che hanno forma cooperativa, si comprende bene che a qualcuno saranno fischiate le orecchie.

Il presidente della Banca Popolare di Vicenza (che è una grande popolare ma non è quotata), Gianni Zonin, si è detto favorevole ad un’evoluzione del modello cooperativo ma non «ad una sua rottamazione». Parlando a margine dell’assemblea di Bankitalia, ha ribadito come «il modello cooperativo è fondamentale per sostenere le pmi e che un’idea potrebbe essere quella di prevedere l’elezione di una parte dei consiglieri a favore degli azionisti legati ai fondi di investimento». «Credo che si riferisse alla sola Bpm», ha tagliato corto il presidente del Credito Valtellinese e dell’Istituto centrale delle banche popolari, Giovanni De Censi.

È chiaro che per il governatore espugnare le roccheforti delle Popolari sarà molto difficile. A meno di non intervenire con qualche arma più incisiva che non sia la solita moral suasion.

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