Da oggi l’ex capo della Polizia, Gianni De Gennaro, è il nuovo presidente di Finmeccanica, la holding a maggioranza relativa dello Stato, che controlla le principali società italiane del comparto aerospazio e  difesa. Come per ogni nomina pubblica, la designazione è frutto di un compromesso tra forze politiche, in questo caso ancor più difficile data la natura molto particolare della coalizione che sostiene Enrico Letta. De Gennaro è un vero civil servant, un uomo di Stato, però non gli si rende certo meno onore se ci si interroga su come un esperto di pubblica sicurezza (ancorché sia stato di recente sottosegretario con delega ai Servizi) possa svolgere al meglio il proprio servizio in un gruppo le cui peculiarità dovrebbero essergli, in teoria, poco familiari.

Anche perché, a differenza di altre società quotate nelle quali la presidenza è un ruolo per lo più notarile e di rappresentanza, in Finmeccanica il presidente ha qualche delega in più (sebbene l’ad Alessandro Pansa dopo le vicende giudiziarie che hanno colpito l’ex numero uno Giuseppe Orsi abbia visto estese le proprie competenze). Si comprende meglio, così, che l’eventuale designazione dell’altro candidato, Giuseppe Zampini, manager cresciuto all’interno della controllata Ansaldo Energia, al di là del conclamato appoggio del Pd, con tanto di pizzino fotografato nelle mani di Epifani, qualche problema l’avrebbe potuto creare.

Finmeccanica, infatti, realizza l’80% dei ricavi (17,2 miliardi nel 2012) con il settore difesa. Tutte le altre attività (i treni di AnsaldoBreda, la stessa AnsaldoEnergia) non sono giudicate più strategiche e sono in via di dismissione. Ma un manager come Zampini forse avrebbe voluto un gruppo con spalle più larghe, con il rischio di «intralciare» i progetto già definiti.

Progetti che hanno visto un’accelerazione dopo la strabiliante indagine della Procura di Busto Arsizio sulle presunti tangenti per la fornitura di 12 elicotteri AW101 all’India. Un’inchiesta che è entrata a gamba tesa su un’importante commessa, di fatto poi bloccata con conseguente esultanza del premier britannico David Cameron (che non ha nessuna Court che gli blocchi gli affari in India). Oggi più che mai non perdere terreno in questi settori delicati è fondamentale.

E allora ripartiamo dalle dichiarazioni dello stesso Alessandro Pansa al Salone di Le Bourget: «Ci sono colloqui tra Eads e Bae Systems che segnano l’inizio di un processo di riorganizzazione dell’industria europea. È qualcosa che non dobbiamo dimenticare». In Borsa Finmeccanica vale meno dei concorrenti o dei gruppi con i quali si confronta (2,3 miliardi contro gli oltre 7 miliardi di Thales e i 36 miliardi circa di Eads). Pansa ha minimizzato il rischio di scalate dall’estero per le difficoltà di bilancio (gli ultimi due anni sono stati chiusi in rosso). «Finmeccanica non ha problemi finanziari, sta diventando un gruppo solido e stabile».

Ecco, la partita più importante si gioca proprio qui. Per quanto le singole società del gruppo siano tutte all’avanguardia nel loro comparto (dai missili all’avionica alle tecnologie di puntamento), non hanno la massa critica sufficinete e rischiano facilmente di diventare una preda. Altro che Bulgari! Qui si rischia di perdere un vero gioiello della ricerca scientifica, ancorché ciò che rimane della golden share consente allo Stato di bloccare take over ostili soprattutto da parte di imprese extracomunitarie.

Tant’è vero che Alenia Aeronautica intende partecipare alla realizzazione del progetto «drone europeo», i velivoli incursori senza pilota. Nei prossimi decenni il mercato di questi apparecchi potrebbe raddoppiare fino a 11 miliardi di dollari. Ora, l’avvento di De Gennaro è sicuramente gradito agli Stati Uniti e al Pentagono. I progetti europei vedono coinvolte anche le due grandi corporation del comparto – Lockheed Martin e Northrop Grumman –   e sicuramente Washington non intende farsi scavalcare.

Si capisce bene che il destino di Finmeccanica non è semplice. O l’Italia (senza più cincischiare su obblighi da rispettare come gli F35) riesce a darsi una missione (insieme all’Europa) o il rischio è che la «preziosa» Finmeccanica soccomba. Da una parte perché troppo piccola per non essere una preda e dall’altra parte perché vittima di una politica (e di una magistratura) che dell’interesse nazionale non si cura abbastanza.

Wall & Street

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