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«I miei amici tedeschi si sono molto irritati… però… devono prendere atto – infatti dopo mi hanno capito – che il modello di economia e quindi di società (per cui siamo in pieno Marx, in cui l’economia determina la politica) che loro continuano ad applicare… è lo stesso modello del Piano Funk del 1936, il Ministro dell’Economia nazista, il quale aveva proposto quanto segue: la Germania doveva essere il Paese d’ordine, tutte le Monete dovevano comportarsi come il Marco tedesco, l’industria la sapevano fare solo i tedeschi quindi era giusto che si specializzassero, e il resto dei Paesi, Italia compresa, dovevano dedicarsi all’agricoltura, al terziario e al benessere anche dei tedeschi. La differenza profonda, e questo è un bel salto di qualità e politico, è che la volevano imporre manu militari, con la forza… mentre oggi hanno inventato un meccanismo chiamato Europa Unita che porta gli stessi effetti e nella quale i tedeschi hanno questa posizione ideologica dominante».

Queste parole sono state pronunciate da Paolo Savona, proposto da Salvini come ministro dell’Economia del nascente governo Conte. Mattarella si è mostrato ritrosetto all’idea, pur sapendo che il Presidente della Repubblica non ha alcuna discrezionalità sulla scelta dei ministri. Carlo De Benedetti, da par suo, ha tuonato che Savona è un ideologo anti-tedesco, quindi non può fare il ministro dell’Economia in Italia. Tedeschi che oltre ad essere, storicamente, i più coriacei oppugnatori dell’antisemitismo salviniano, di recente si erano esibiti in manifestazioni di stima così eclatanti nei confronti del popolo italiano – definito come un’accozzaglia di scrocconi aggressivi sul Der Spiegel – da placare anche l’irriducibile patriottismo dell’ingegnere. Sui media occidentali – il cui proverbiale pluralismo si fonde nel motto E pluribus unum – troneggiano a reti unificate le oracolari e funeste sentenze delle agenzie di rating, che lo stesso De Benedetti, evidentemente orgoglioso delle sue società da tripla A, ritiene libere e affidabili. A ciò si aggiunge, in filigrana, quel fantoccio fatto di due bastoni messi in croce, rivestito di stracci, che un tempo si collocava in mezzo ai campi e nei frutteti per spaventare gli allocchi, e che oggi i più studiati chiamano SPREAD. Ora, un interlocutore che maneggiasse con sufficiente padronanza l’arte retorica potrebbe accusare Savona prima e il sottoscritto poi di reductio ad nazium e di argumentum ad hominem, ma qui non si tratta di divagare, bensì di dare un corpo, un volto, dei variopinti calzini a righe orizzontali come quelli di Stefano Feltri, alla panzana, alla fola, alla pantomima in scena.

 

 

 

 

Alterando Karl Kraus, divido i giornalisti in colposi e dolosi. Se molti sono candidamente colposi già dall’aspetto, come Beppe Severgnini – che ha l’aria scanzonata di chi risolve ogni ansia del concetto con la clownterapia e il linguaggio del corpo di chi vorrebbe essere avvenente come Woody Allen – altri sono evidentemente dolosi, al piè de le maligne eminenze grige alla Scalfari. Lasciando perdere i veterani tromboni come Zucconi, prendiamo Claudio Cerasa, che ha recentemente pubblicato il libro “Abbasso i tolleranti”. Cerasa sembra rantolato nei vestiti da centro commerciale di periferia, ostenta un piercing all’orecchio da centro sociale di paese, non sa annodarsi una cravatta pur avendo superato da qualche anno l’età della prima comunione, pare insofferente alla saponetta e al pettine, scrive come un orfano di madrelingua, parla come un pugile suonato che ha appena incrociato l’ennesimo cazzotto sul grugno, non ne ha mai, mai, azzeccata una… eppure sdottoreggia ancora con piglio compiaciuto. Dovrebbe ringraziare la tolleranza imperante, l’abborracciato Cerasa. Non avversarla. Ce ne fosse meno, di tolleranza, invece di trastullarsi alla direzione di un quotidiano, sarebbe inciampato in un grembiule da macellaio con le dita infilate nel culo di una cocincina. Il pittoresco Pellizzetti sul Fatto Quotidiano ci regala tuttavia un refrigerante gavettone di acuzie giornalistica, rivelando come l’insistenza su Savona all’Economia sia solo un complottone Lega-5Stelle per tornare tosto al voto. Ma quando Germania, Bruxelles, BCE, Macron, agenzie di rating, Times, Economist, Bild, De Benedetti, Visco, Mattarella, Repubblica, Massimo Franco, Maurizio Molinari, Confindustria, l’hair stylist renziano della mia ragazza, Gianni Riotta – in ordine di grandezza – sono esplicitamente o subliminalmente contro Paolo Savona… potremmo mettere d’accordo anche Socrate e Protagora sulla vera identità dei falsari culturali in circolazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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