L’esempio dei signori Claris Appiani
Milano era la sua casa e l’Elba il suo rifugio. Lorenzo Claris Appiani è stato ucciso a 37 anni nella folle sparatoria del Palazzo di Giustizia di Milano. E tornerà a riposare a Rio Marina, il paese della famiglia paterna, dove il padre Aldo produce un magnifico aleatico.
In questi giorni così dolorosi, Lorenzo Claris Appiani è stato descritto come un avvocato brillante, geniale, giovane ma avviato a una carriera forense già folgorante. E chi ha scritto un suo ritratto – come quello, perfetto, siglato da Enrico Lagattolla per il “Giornale” – ha tratteggiato il profilo di un ragazzo elegante e colto, riconducendo a questi tratti così signorili, oltre che al suo “sangue blu”, quell’affettuoso “nick” con cui gli amici lo chiamavano nei giorni di riposo e svago trascorsi nella “sua isola”. Lorenzo Claris era l’erede di uno dei rami di una famiglia antichissima, che ha governato la signoria e poi il principato di Piombino, controllando l’Elba e altre isole toscane. E quindi era “il Conte” per gli amici elbani. Riservato, sobrio, elegante. Un signore, insomma, come si dice. E d’altra parte era milanesissimo: liberale convinto, tifoso accanito del Milan, amante del lavoro, innamorato del diritto. Ed è morto per fare il suo lavoro, compiendo il suo dovere.
Oggi queste qualità – il senso del dovere, la dedizione al lavoro e allo studio, il talento e la capacità professionale – sono conosciute e ri-conosciute da tutti. Come la straordinaria dignità dalla madre, Alberta Brambilla Pisoni, che lo ha commemorato in tribunale. E come la dolce ammirazione della sorella di Lorenzo, Francesca, con le sue lacrime e le sue carezze.
Nella prova più dura, impensabile, improvvisa, la testimonianza di questa famiglia, i suoi valori e il suo esempio, oggi sono (devono essere) patrimonio di un paese e di un intero Paese. Resta solo da augurarsi che questo sia questo il messaggio dei funerali di Stato. E il senso di tutta questa tristissima storia.