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Ricapitoliamo. Una ragazza italiana di origine nigeriana, Daisy Osakue, atleta promessa del disco, viene colpita da un uovo in pieno volto per le strade di Moncalieri. La giovane – dopo qualche avveduto consulto – urla al gesto razzista. La stampa libera e perbene – che coraggiosamente combatte l’odio in ogni sua manifestazione e che prima di scrivere “islamico” in caso di attacco terroristico impiega una settimana perché «non bisogna trarre conclusioni affrettate», perché «è incivile generalizzare» – dopo aver appurato la vicenda con il consueto zelo investigativo… carica le proprie pagine digitali e cartacee a pallettoni: «Italia razzista», «Odio cieco», «E’ tiro al negro», «Allarme razzismo», «Vergogniamoci». La sempre lucida e moderata Rula Jebreal twitta così: «Daisy Osakue is an Italian athlete: she was attacked & beaten by a group of Neo-Nazis in Italy». Matteo Renzi bombarda da par suo: «Daisy Osakue è una campionessa italiana. Ieri è stata selvaggiamente picchiata da un gruppo di schifosi razzisti». La Sibilla Mentana ammonisce con irresistibile brio moralizzatore Salvini e Di Maio via Facebook: «Stanotte un’atleta della nazionale italiana di atletica (ve lo sottolineo perché siete sovranisti), Daisy Osakue, di origine sudafricana, è stata aggredita a Moncalieri mentre rincasava da un gruppo di giovani. L’hanno colpita in piena faccia. È a rischio la sua partecipazione agli europei di Berlino. Cosa erano, sostenitori di altre nazionali? Anche se si sta al mare non si può nascondere la testa sotto la sabbia» (il direttore si è appena “scusato”, senza imbarazzi, alle 4 del mattino; giusto rimarcarlo). I caproni della tolleranza si accodano sui social augurando una morte lenta fra medievali sevizie ai lanciatori di odio e vomitando oltraggi su chiunque osi invitare alla prudenza. Mentre nella stessa Moncalieri un collettivo lancia l’irrinunciabile hashtag: # siamotuttiDaisy.

 

 

Nelle ore successive si approfondisce la vicenda e si scopre quanto segue. La ragazza di colore fa parte dei Giovani del Pd. Il medesimo giorno e negli stessi luoghi sono state colpite altre donne, bianche, e un pensionato. I lanciatori di odio, tre giovinastri, erano impegnati in una zingarata (parola che andrebbe emendata in “romeria”) e bersagliavano a cazzo da una Fiat Doblò. Uno dei giovinastri in questione non milita in qualche gruppo neofascista, ma è figlio di un consigliere del Partito Democratico – perché dai… chi vuoi possa acquistare una Doblò? – e il padre della ragazza, nigeriano (inconsolabile su quegli stessi giornali a paventare una sua possibile fuga dall’Italia razzista), nel 2002 fu condannato per sfruttamento della prostituzione. Se non ci fossero – e presto non ci saranno più – bisognerebbe regredire alla pubertà per inventarli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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