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Come forse saprete, nei giorni scorsi è stato svaligiato l’appartamento dell’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Il bottino ammonta a circa 300mila euro fra orologi e gioielli. Questo episodio, apparentemente sgradevole e infausto, siamo certi rallegrerà la sensibilità redistributiva di Pisapia con l’immediatezza e l’eloquenza dell’esproprio proletario. Il marginale che con un’azione audace depreda il plus valore borghese e si riappropria della dignità di classe… non potrà che venir magnificato dall’intellighenzia progressista come da qualunque persona di cuore equanime. Per questo ho trovato inopinato, financo incomprensibile, il commento a caldo dello stimato avvocato; curiosamente affine a quello che spese il suo successore a Palazzo Marino, Giuseppe Sala, anch’egli visitato da richiedenti asilo nella sua proprietà: «Purtroppo abbiamo scordato di inserire l’antifurto. E’ stata una dimenticanza fatale». L’antifurto?! Trovo disdicevole come un tale diabolico congegno possa essere preso a modello di accoglienza in un consorzio umano civile. Dobbiamo abbattere i muri, redistribuire le ricchezze, aiutare gli ultimi, comprendere chi ricorre al ladrocinio per sopravvivere… e poi ci dotiamo di antifurto?! Affliggendoci pubblicamente per non averlo inserito?!

 

 

 

Dalla conchiglia si può capire il mollusco, dalla casa l’inquilino e dalla città il sindaco, ebbe a scrivere Victor Hugo. E che città hanno in mente… Sala e Pisapia? Una Milano con l’antifurto?! Per fortuna le recenti immagini della stazione centrale demoliscono il punto esclarrogativo precedente, mostrando luminose manifestazioni di futuro. L’inchiesta del noto giornalista e storico inviato del Corriere della Sera/La Stampa/Repubblica/La7… – Vittorio Brumotti – ha mostrato che almeno negli spazi pubblici maggiormente simbolici e frequentati vige un deferente rispetto per l’anarco-comunismo. Luoghi di pace e fratellanza, dove i fascismi sono stati definitivamente debellati e l’alto artigianato equatoriale può infilare fiori di bamba nei cannoni della polizia, fra le risa giulive di mamme e bambini. Dopotutto il capoluogo meneghino si è classificato al primo posto fra le città italiane per qualità della vita degli immigrati clandestini, secondo la graduatoria 2018 del Sole24. Speriamo allora che questo inopportuno richiamo agli antifurti mentali – capaci di comunicare immantinente paura verso l’altro, sospetto verso il viandante, lo straniero, di simboleggiare una chiusura nel bunker del privilegio borghese, dove si ammassa in casseforti di avidità ciò che si è arraffato al sottoproletariato urbano con il capitalismo avanzato e al buon selvaggio con il colonialismo primitivo – lasci spazio alla condivisione della proprietà, dei beni, del salotto, delle giuoie di famiglia. Perché «Milano è una città democratica e accogliente verso l’altro, verso lo straniero: tutti devono potersi sentire a casa».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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