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Per quanto io possa lavorare di cirage nello sforzo di tirare a lucido la mia retorica, nulla è più eloquente degli atti mancati così caratteristici della psicopatologia mainstream. Ieri Aldo Cazzullo ce ne ha offerto un buffissimo esempio. Commentando il trailer dell’ultimo film di Checco Zalone, scrive Cazzullo: «E’ chiarissimo che la geniale canzone di Checco Zalone non fa satira sugli immigrati. Fa satira su di noi. L’immigrato all’inizio pare una seccatura e alla fine si rivela una fregatura. Esattamente le paure inconsce – ma anche esplicite – degli italiani. Con tanto di presa in giro degli slogan leghisti – “«prima l’italiano!» – e finale a petto in fuori sul balcone. (E con il rovesciamento dello schema di Cetto La Qualunque: non è più il marito a portare l’amante straniera a letto con la moglie, ma la moglie a portare l’immigrato a letto con il marito). Da qui la domanda: ma quelli che hanno dato del razzista a Checco sono gli stessi che non riescono a capire quello che leggono, o in questo caso vedono? Forse la vera risposta è un’altra. Sui social tutti parlano, molti insultano, calunniano, minacciano, e quasi nessuno ascolta. Per farsi sentire si avverte la necessità di alzare la voce. A costo di dire palesi sciocchezze. Forse dovremmo tutti prendere i social, e pure noi stessi, meno sul serio. Rinunciare a considerarli specchio della realtà, e ridurli a quello che sono: specchio del narcisismo di massa». Sublime esempio di dum excusare credis, accusas. Mentre Cazzullo pensa di uscirne come quello progredito che non discrimina, in realtà rende evidente il proprio doppio metro da lacchè del padrone: se la satira sfotte l’immigrato è da censurare, se invece sfotte noi italiani va benissimo. Quindi mettiamo le mani avanti, chiariamoci: Zalone sfotte noi patetici coglioni, razzisti e fascisti! Noi patetici coglioni ancora convinti che gli immigrati siano una seccatura e alla fine possano rivelarsi una fregatura. Pensa che coglioni siamo! E chi legge diversamente il messaggio di Zalone… poverino, non capisce. Eccola la pruderie perbenino, rivelatrice del narcisismo servo degli influencer di dominio. Dove si specchiano le paure inconsce di chi non vuol contraddire il pensiero certificato – quello dietro cui soffia il capitale degli editori – perché sa di poter essere invitato a cena solo come suo cameriere. Le paure inconsce di chi arriverebbe a farsi coprire la moglie da un nordafricano pur di non perdere la livrea da valletto dell’ideologia regnante.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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