Ecco i (soliti) pacifisti
Puntuali come sempre da 70 anni, scendono in campo i pacifisti. No, non puntuali quando scoppia una guerra, non quando si consuma un genocidio, non quando un aggressore minaccia o uccide un aggredito. No, i pacifisti scendono in campo appena si muovono gli Usa.
Possono restare in silenzio per anni; anni di guerre civili, di stermini di massa, di morti innocenti fra civili, decenni di regimi comunisti assassini e violenti. E loro sembrano dormire o pensare ad altro. Ma appena si mette in moto una portaerei americana, appena parte un missile a stelle e strisce, fosse anche diretto verso un obiettivo militare, beh allora i pacifisti si svegliano dal loro torpore e scendono in campo, scendono in piazza. E cantano e ballano e firmano. A loro, in fondo, non interessa poi tanto che un qualche dittatore possa tenere un popolo intero sotto lo schiaffo della sua repressione. I pacifisti sono indifferenti ai ludi borghesi della democrazia e dello stato di diritto. Non sanno, o non vogliono capire, che non c’è pace senza giustizia, senza libertà, senza democrazia. Per loro, per i pacifisti, basta che gli americani se ne stiano tranquilli in qualche ranch del Texas e tutto va benone. Basta che gli americani (soprattutto se repubblicani), ma anche Israele, non mettano il becco nelle cose del mondo. Se gli imperialisti restano isolati, allora non ci sono dittatori, né stermini, né genocidi. Anzi ci sono, ma è come se non ci fossero. Eccoli, i pacifisti (e un grande nonviolento, Marco Pannella, giustamente aggiungeva “con rispetto parlando”). In fondo sono solo comunisti con la bandiera arcobaleno.
E a questo fa pensare il sit-in che una miriade di sigle (con una manciata di militanti) ha pensato di animare in Galleria per affermare che “Milano dice no alla guerra“. In Siria finora ci sono stati 500mila morti e 12 milioni di sfollati. Ma ci voleva un intervento di Trump per far sì che i pacifisti si accorgessero della tragedia di Damasco e Aleppo.
AlGia