Ogni cosa è illuminata, recitava il titolo di un bellissimo film. E la vita di Lily Ebert ha illuminato una abisso di orrore del Novecento.

 

“Non avrei mai pensato di sopravvivere ad Auschwitz. Ora festeggio i 100 anni circondata dalla mia numerosa e amorevole famiglia. I nazisti non hanno vinto!”. Lily aveva confessato così il suo stupore di centenaria al «Jewish Chronicle», il giornale ebraico più antico al mondo. Era il 29 dicembre e aveva compiuto un secolo, festeggiata anche da re Carlo. È morta il 9 ottobre, salutata come una gigante della Memoria, testimone del secolo degli orrori nazisti contro il popolo ebraico, instancabile esempio di attaccamento alla vita.

Liky era nata nel 1923 in Ungheria, primogenita dei sei figli di Aharon Engelman e Nina Bresnitz. Aveva 20 anni quando i nazisti invasero il suo Paese. Quattro mesi dopo fu deportata nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau con la madre, un fratello piccolo e alle tre sorelle. La mamma, il fratello Bela e la sorella minore Berta furono subito uccisi nelle camere a gas, mentre Lily e due sorelle dovetterono lavorare prima in quell’inferno e poi in uno stabilimento bellico, fino all’arrivo degli Alleati. Liberata, ebbe una vita intensa fra l’Europa e Israele finché non si stabilì a Londra con la famiglia. Una vita segnata dalla voglia di vivere e raccontare la sua storia, anche su Tik Tok, dove era seguitissima per le risposte sulla prigionia nei lager: è arrivata ad avere circa due milioni di followers.

A 95 anni si era messa a cercare notizie sui suoi liberatori. Grazie ai social aveva rintracciato i familiari del soldato americano che l’aveva liberata riuscendo a parlare con loro. Raccontando le sue vicissitudini aveva suscitato l’interesse di storici e ricercatori – in grado di scoprire dei filmati che la ritraevano nel 1945 – fino a un esito insperato e toccante. «Qualcuno ci ha visto in Tv e ha voluto saperne di più» ha raccontato il pronipote Dov Forman. Uno di questi «curiosi», un ungherese, intuì che suo padre, collezionista di libri antichi, avrebbe potuto avere qualcosa appartenuto alla famiglia di Lily o alla sua comunità.

Dov partì per l’Ungheria, destinazione la città natale della bisnonna, Bonyhad, prima della Shoah sede di una grande comunità ebraica, e incontrò Zsolt Brauer. Lily riuscì così – incredibilmente – a ritrovare la bibbia appartenuta 80 anni prima al fratello Bela. Tredicenne, ucciso ad Aushwitz al suo arrivo nel 1944, Bela aveva inciso il suo nome sul testo sacro che aveva ricevuto a scuola, ed era l’unico segno rimasto del suo passaggio in vita (di lui non era rimasta né una foto né un documento). Il preziosissimo libro si era salvato dal disastro, era arrivato fino ai nostri giorni e dopo 80 anni era tornato nelle mani della sorella.

Con il pronipote Dov Forman, Lily durante il Covid aveva scritto la sua biografia «Lily’s Promise: how I survived Auschwitz and found the strength to Live». Il libro divenne un best seller ed ebbe l’onore di una prefazione del principe Carlo, che nel 2023 l’ha anche insignita dell’Ordine dell’Impero Britannico, una delle onorificenze più importanti del Regno Unito. Quando è morta la regina Elisabetta, sua quasi coetanea, Lily scrisse un messaggio di cordoglio, uno dei moltissimi recapitati a Londra in quei giorni. E fu anche l’occasione per riflettere sui rapporti fra la Corona e gli ebrei inglesi. Elisabetta, per esempio, non aveva mai visitato Israele. Mezzo mondo, ma non Israele, e la cosa era stata notata e discussa, eppure aveva avuto gesti di attenzione e riguardo per gli ebrei inglesi, che oggi peraltro sono spesso di nuovo in fuga o in pericolo.

Come la madre, anche Carlo si è mostrato molto sensibile alla storia dei sopravvissuti alla Shoah, tanto da commissionare anche sette loro ritratti da esporre a Buckingham Palace, fra questi quello di Lily. «Incontrarla, è per tutti coloro che hanno perso la vita», disse Lily a Carlo in quella occasione. E sua altezza reale rispose: «Ma è un privilegio più grande per me».

«La terribile sofferenza che tu e la tua famiglia avete sopportato – le aveva scritto l’attuale re nel giorno del compleanno – non potrà mai essere adeguatamente descritta o riconosciuta, ma come sopravvissuta agli orrori di quegli anni, il lavoro della tua vita è stato quello di ricordare alla nostra generazione quanto in fondo possa arrivare l’umanità” ha scritto re Carlo. “Continuando a ricordare al mondo le atrocità inimmaginabili di cui sei stata testimone, hai vissuto la tua vita con nobiltà e senza odio, in un modo che è un esempio per tutti noi» ha proseguito. «La tua straordinaria forza di spirito, resilienza e coraggio è ammirata più di quanto possa dire».