Sono mesi che lo ripeto quando vengo invitato (grazie!) nelle trasmissioni di Cusano News 7: stavamo vivendo mesi di attesa snervante sui due fronti caldi in Medio Oriente e Ucraina. Le parti in gioco, Israele, Hamas, Russia e Ucraina stavano aspettando niente poco di meno di capire chi sarebbe stato il futuro inquilino della Casa Bianca. Provate a mettervi nei panni dei belligeranti: che senso ha mettersi a tavolino per la pace con un Presidente, Biden, le cui certezze di elezione erano appese al lumicino gia da prima del dibattito perso contro The Donald? Con quale autorevolezza politica potrebbe Joe Biden essere un broker nella risoluzione di questi conflitti? Questa purtroppo è la fase peggiore dei conflitti, in cui si cerca di guadagnare terreno in ottica di un negoziato. Ma il negoziato chi lo potrà seguire se non The Donald? I quattro attori in gioco hanno scommesso sulla vittoria di Trump e sulla sua capacità innata di essere un deal maker: lo ha dimostrato nei suoi quattro anni di presidenza e lo dimostrerà ancora.

Trump ha promesso che il suo primo atto sarà stabilire una road map per la pace, sia in Ucraina che in Israele, risolvendo quello che decine di incontri multilaterali e bilaterali non hanno saputo fare. Serve diplomazia di altissimo livello, serve un incontro tra Putin e Zelensky che solo e soltanto Trump può mediare. Dopo il vittorioso dibattito contro Biden e l’attentato a cui è sopravvissuto, ormai The Donald è l’unica persona in grado di trascinare fuori la storia dal pantano in cui si è messa con i due conflitti e di risollevare le sorti di un paese, gli Stati Uniti d’America, sull’orlo di una bancarotta morale senza precedenti, preda dell’ideologia woke e di una sinistra militante che ha distrutto stati come la California. Trump sarà capace anche di invertire la rotte sulle politiche energetiche, poiché tra i suoi primi atti non mancheranno certo misure per far ripartire l’industria dei carbon fossili, distrutta da Biden, e limitare i sussidi green. La scelta del VP va certamente in questa direzione: JD Vance è un 40enne figlio della Rust Belt, che ha bisogno di reindustrializzazione e non dell’ideologia green.

Insomma, la prossima e probabile elezione di The Donald ci fa capire come la storia non ha una direzione lineare, non esistono mete prestabilite, e approcci politici fallimentari che sembrava dovessero essere eterni possono cambiare. Basta trovare gli uomini giusti.

 

 

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