Non so chi sia davvero la balena bianca, qualcuno dice che è Dio, o semplicemente tutto ciò a cui diamo il nome di ignoto, magari le nostre ossessioni che invano cerchiamo di catturare. Forse è quel bosone di Higgs che dovrebbe tranquillizzare tutti quelli che ancora scommettono sul modello standard, il grande paradigma che ancora tiene in piedi la nostra idea di universo.  Sembra che al Cern di Ginevra abbiano individuato una traccia. I fisici come investigatori sono riusciti a delimitare lo spazio dove si nasconde la particella di Dio. Dicono che nel 2012 potrebbero trovare la risposta e a quel punto sapremo se la massa che manca nei conti dell’universo viene generata da questo leggendario bosone. A quel punto la teoria standard reggerebbe e il nostro sentimento sull’ignoto per un po’ di tempo resterebbe tranquillo. Negli Stati Uniti, intanto, Nathaniel Philbrick, ci racconta che pochi ormai sono i lettori di Moby Dick. Il titolo del suo lavoro, recensito di recente dal New Yorker, è Why read Moby Dick?  Philbrick è un esperto di balene, un esperto marinaio e vive a Nantucket. Del romanzo di Melville dice: “Moby Dick non è un romanzo.  E’ più un atto di transfert, di idee e di evocazioni appesointorno alla forma ampia e inconoscibile della balena, un estesa meditazione sull’incrocio tra la storia umana e la storia naturale. Si tratta, soprattutto, di una creazione sui generis, venuta al  mondo come un innaturale, immacolata, concezione”. Come i marinai del Pequod noi stiamo dando la caccia alla maledetta balena. Adesso ha la forma sferica del bosone. La balena bianca è la nostra particella di Dio.

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