Chi ha inventato la notte? E quando è accaduto? Non la notte come fenomeno naturale, ma la notte come spazio sociale, come spettacolo, incontro, come ore strappate al sonno. La risposta è in un libro appena pubblicato in Inghilterra. Si chiama Evening’s Empire e l’autore è Craig Koslofsky. E’ un saggio storico piuttosto corposo e segue fin dalle origini lo sviluppo di quella che lui chiama “notturnalizzazione”, ovvero la continua espansione dell’uso sociale e simbolico della notte. C’è stato un momento, lungo un secolo, in cui l’uomo ha cominciato a strappare la notte al sonno. E il merito è dell’aristocrazia non più medievale, ma sempre più cortigiana. La festa lascia le strade e le piazze e si sposta nei palazzi. Nel medioevo i tornei erano l’appuntamento principe e si svolgevano di giorni, dopo sono “i balli e le feste” gli eventi da non perdere e si estendono al di là della mezzanotte. Nella Francia di Luigi XIV dilaga la moda dei balletti, della lirica, dei balli, delle mascherate, dei fuochi d’artificio. L’aristorcazia ruba la notte ai ladri e agli assassini, alle puttane di strada e alla golardia, illumina le strade e rende più sicure le ore dopo il tramonto. Richard Steele nel 1710 si stupisce perché va a visitare un vecchio amico arrivato in città dalla campagna e scopre che alle 8 di sera è già a letto. Torna il giorno dopo e alle 11 sta pranzando. Il contadino ormai è un deviante. I suoi costumi sono tipici di un’era in cui l’autorità religiosa dettava i tempi della vita sociale. La notte come pericolo, la notte diabolica. Per l’autorità civile invece la notte è il tempo della politica, delle congiure e del divertimento. Gli stessi caffè si animano la notte e Carlo II li fa chiudere in Inghilterra perché stavano diventando il villaggio dei “delusi e sediziosi”. Il cambiamento chiaramente non è stato così netto. In Italia ancora negli anni ’70 la Rai chiudeva a mezzanotte i programmi con la sigla finale che segnava la fine della giornata. Chi restava sveglio era un lavativo o un disoccupato.

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