La storia della play list all’inizio un po’ li spiazza, ma poi si mettono lì, qualche volta nervosi, altre con la smania di raccontarsi, in fin dei conti quasi tutti gli scrittori sono inguaribili egocentrici e allora l’idea di stare al centro della scena con le note che girano intorno li fa sentire dei veri demiurghi. Un romanziere è un uomo che ti racconta una storia, ma il passo da narratore a Dio è più breve di quanto si pensi. Lo dice anche Giovanni, l’apostolo del quarto vangelo, il veggente dell’apocalisse: in principio era il verbo.

Come dite? Non è il caso di tirare in ballo il testamento del figlio dell’uomo per parlare di uno spettacolo dal vivo? Vero. Era solo per far capire che se a uno scrittore gli regali una colonna sonora, soprattutto se è quella della sua vita e delle sue storie, riesci a farlo contento con poco. E’ un trucco da illusionisti di provincia o da psicanalisti della domenica. Ma è quello che Edoardo Inglese ed io facciamo, o almeno ci proviamo. Poi mica riesce sempre bene. Comunque funziona così. Radio Livres è un format per parlare di libri, di storie, di romanzi, di filosofie, di fisica, di atomi, stelle, neutrini, di sogni, di uomini, di leggende, qualche volta perfino di politica. Ogni volta chiediamo al nostro paziente, ops, meglio dire ospite, di regalarci le nove canzoni hanno segnato la sua vita e le sue storie. Quasi tutti prima o poi inciampano nella nostalgia, ci si ritrova a parlare del primo bacio adolescenziale, c’è chi svela quello che non ha confessato neppure al suo migliore amico, c’è chi guarda la moglie e diventa rosso, c’è chi si commuove per un unicorno azzurro fuggito via.

    I libri spesso hanno una colonna sonora segreta. E’ quella che gli autori ascoltano o immaginano mentre fanno vivere, parlare, morire, amare, esistere i propri personaggi. Sono anche le note che rimbombano in testa agli scrittori nel ricordare pezzi della propria vita. E’ per questo che Radio Livres chiede ai suoi ospiti una play list di nove canzoni per raccontare il romanzo e la propria vita. Quei nove pezzi diventano la colonna sonora e il filo rosso dell’incontro letterario. La prima domanda è facile, qualcuno dirà banale: perché hai scelto questa canzone? E da lì si apre un mondo. Le storie saltano fuori come impazzite. In un paio d’anni ne abbiamo sentite tante. Ci siamo ritrovati nella Spagna franchista di Ramon Chau, che tradì il suo talento per una raccomandazione e un senso di colpa che non vuole andare più viva. Abbiamo guardato negli occhi Melissa P. per ritrovare la sua adolescenza smarrita. Ci siamo persi nella Racalbuto di Sciascia inseguendo il passo lento e strascicato del suo migliore allievo, Gaetano Savatteri. Ecco i sassi di Mariolina Venezia o le minne siciliane di Giuseppina Torregrossa,la Granadadi Josè Manuel Fajardo, il volto malandrino di Roberto Diso, il disegnatore di Mister No, l’eroe bonelliano che sogna l’Amazzonia su un Piper o la luna lontana con la telecronaca di Tito Stagno, i pugni spesi male di Tiberio Mitri raccontati da Andrea Caterini, i profondi abissi di Gianfranco Caligarich, il mare d’inverno di Chiara Valerio e la titanica resistenza di Aurelio Picca a questo tempo infame.

Radio Livres questa volta incrocia il jazz. Ed è un po’ come tornare a casa, nelle strade dove ci si muove “all’antrasatta”, cioè all’improvviso, cercando di dialogare senza rete, inseguendo qualche straccio di note raccattate per caso. La letteratura che ci piace in fondo è questa, nuda, senza conferenzieri che gettano sulle storie una patina insopportabile di accademia e austerità, senza giacche e cravatte, senza il parlarsi addosso di chi cita i soliti quattro libri per darsi un’aria da intellettuale. Radio Livres è roba da gatti randagi, da uomini e donne che si incontrano solo per raccontarsi una storia e non importa chi sia il narratore, l’importante è che sappia narrare. Ci verranno a trovare tre ospiti speciali. Uno che con il jazz ci campa, uno che con la tromba ha girato i vicoli del mondo. Si chiama, e lo conoscete, Enrico Rava e ci racconta gli “Incontri con musicisti straordinari”. Il secondo lo conosco da quando si annoiava in una banca dell’estremo Friuli, dove si azzeccagarbugliava come legale di fiducia. Poi è arrivato “L’elenco telefonico di Atlantide” o “La ragazza del Vajont” e tanti altri romanzi, fino a quello scritto a quattro mani con Davide Boosta Di Leo, il tastierista e fondatore dei Subsonica, un trhiller fanta-tutto con un titolo che appaga: “Un buon posto per morire. Il terzo è Maurizio De Giovanni, il padre del commissario Ricciardi, uomo che calpesta le strade della Napoli anni ’30, fascista e indolenti, dove anche i morti hanno la faccia di raccontarti una storia. Ricciardi è uno che sopravvive “camminando su una linea di confine tra due mondi coesistenti e mai in contatto tra loro, quello dei vivi e quello dei morti; e non può interagire né con gli uni né con gli altri”. Ha tanti Natali, tanti inverni, qualche scorcio di primavera o di lento autunno e nessuna estate da ricordare.

 E’ con questi tre signori che ascolteremo pezzi di canzoni e frammenti di storie, con i loro personaggi, con le vite che hanno incontrato, con le note e le parole che hanno avuto la fortuna di scambiare con quella parte di universo che continuiamo a chiamare umanità. In principio era il verbo, poi venne una domanda: perché ha scelto questa canzone?

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