La libertà è pornografica. Tutto quello che si dirà in queste pagine è una riflessione sul porno, ma in realtà non è questo il centro del discorso. Alla fine come diceva Flaiano in Autobiografia del Blu di Prussia la pornografia è noiosa perché fa del pettegolezzo sul mistero. Il porno è una cartina di tornasole per capire come la società occidentale si stia incartando sui valori, sull’etica, su diritti individuali che vanno a cozzare l’uno contro l’altro. Il porno è solo il campo di battaglia.

Kartika Tamara Liotard è una eurodeputata olandese della sinistra unitaria. E’ lei che presenta a Strasburgo una relazione sull’eliminazione dei stereotipi di genere. Il messaggio viene letto come un tentativo per censurare video e immagini pornografiche dal web. Comincia la lotta. Il “partito dei pirati” insorge. E’ un attentato alla libertà. C’è il rischio che con la scusa di colpire la pornografia si permetta all’Europa, ai tecnocrati, ai governi di controllare e sforbiciare parole e idee degli individui. Il problema in effetti c’è. C’è in Russia. C’è in Cina. E’ chiaro che non è facile neppure stabilire i confini della pornografia. Il comune senso del pudore troppe volte è stato usato nella storia per zittire le idee. La signora Liotard assicura che non è questo il caso. La sua relazione non ha neppure valore di legge. E’ solo un invito a riflettere come spesso la donna sia umiliata da una visione tutta maschile del mondo. Alla fine comunque fa marcia indietro. “Sono stata fraintesa”. Quello che resta è la rivendicazione culturale. Il porno è discriminante. Il porno è violento. Il porno invita alla violenza. Il porno tratta la donna come carne, la degrada, la schiavizza, la rende oggetto. Soprattutto il porno pseudo amatoriale che gira sul web, lo stesso che sta mettendo in crisi l’industria storica della pornografia, quella che adesso non sa come reinventarsi e piange miseria. Non è un caso che i produttori e le star del vecchio cinema porno, come Rocco Siffredi, si schierano un po’ a sorpresa con la Liotard. La speranza è che censurando il porno del web rinasca quello classico. Praticamente impossibile. Quella di Rocco e i suoi fratelli è una battaglia di retroguardia, l’ultimo disperato tentativo di chi è già stato sconfitto dalla storia.

 

 

 

 La morale della rete

 La rete è vittima del porno. E’ la sua fortuna e la sua questione irrisolta. E’ con il porno, più che con qualsiasi altro territorio, che il web ha attirato il grande pubblico. E’ con il porno che è cresciuto. E’ con il porno che ha fatto i soldi. E’ con il porno che è diventato grande. E’ con il porno che ha rivendicato la sua anima libertaria e libertina. Solo che il porno impone i suoi modelli culturali e educativi. E ora che i ragazzi di quindici anni fa sono diventati adulti cominciano a porsi il problema di come tutelare i propri figli e cacciare nel lato oscuro della rete l’orco della pedofilia. La soluzione sarebbe mettere filtri. Solo che non funziona. Non funziona perché è come cercare di fermare il mare e poi i minorenni sono più bravi e furbi dei loro padri. Il guaio che come nella vita reale non esiste una soluzione facile e la censura spesso fa più danni di quelli che cerca di risolvere. Tutto questo, comunque, sta un po’ cambiando la cultura del web. Se all’origine internet e la rete erano una sorta di far west dove ogni individuo si faceva carico della propria morale, una sorta di sogno virtuale di tutte le utopie anarchiche, dove a nuovi poteri corrispondono nuove responsabilità, adesso c’è il ritorno di un’etica “vittoriana”. Capita così che Facebook finisce per censurare due capolavori dell’arte.

L’origine del mondo di Gustave Courbet sta ancora lì al Musée d’Orsay, con le gambe aperte e le lenzuola in disordine di chi ha appena finito di fare l’amore, in quel momento di abbandono e stanchezza del post orgasmo. Solo che su Facebook è arrivata la denuncia. Quel dipinto del 1866 non è realismo, non è arte, è pornografia. Stesso discorso per L’Etude du nu (1940) della fotografa francese  Laure Albin Guillot, pubblicato sul profilo del museo parigino del Jeu de Paume per illustrare la retrospettiva dedicata all’artista. Il museo ha protestato. Facebook ha replicato che “ci sono dei criteri e se le condizioni non vengono rispettate, l’amministratore si riserva il diritto di sopprimere il contenuto o il profilo”. La conclusione è che una donna a seno nudo distesa su un letto fa scandalo. Incidenti. Anomalie. Tutto quello che volete, però è chiaro che sui social network tira aria di perbenismo. E’ il segno che qualcosa sta cambiando. E forse è la reazione al porno ovunque.

 L’etica delle femministe

Torniamo alla questione di genere. Qualcuno potrebbe dire che il femminismo nasce ribelle e “scandaloso” e invecchia puritano. Un po’ come le comari del paesino cantate da De Andrè in Bocca di rosa. Qui però la questione è un po’ più delicata. Il punto di partenza è la preoccupazione per le violenze sulle donne. Violenze in casa, violenze in strada, violenze sul lavoro. L’accusa è che l’immaginario pornografico in questo senso non aiuta. Racconta di donne disponibili, indugia sul masochismo, non disdegna la violenza, esalta il machismo e la sottomissione femminile. Il primo passo legislativo serio arriva dalla Finlandia, con una legge che vieta l’accesso ai siti porno. Questo avviene in un paese molto aperto sulla morale sessuale. Non è un paese bigotto. Il governo fa sapere che “la legge non è anti-sesso, bensì anti-violenza. Non è questione di libertà di parola, bensì di danni all’infanzia. Le statistiche indicano che in media un bambino vede pornografia su Internet a 11 anni di età e questo ci preoccupa, così come ci preoccupa la natura sempre più degradante e brutale di quello a cui sono esposti. Non stiamo parlando di censurare l’informazione, ma qualcosa dobbiamo fare”. Il problema è il come. Il punto è: chi decide cosa è porno e cosa non lo è, cosa è da vietare e cosa si può permettere? Gli oppositori di simili misure affermano che si finirebbe per creare automaticamente un censore e questo alla lunga diventerebbe una limitazione della libertà. Non a caso sono stati oscurati più di cento siti che davvero è difficile valutare o definire pornografici.

E’ chiaro che la società occidentale è in cerca di una correzione. Il porno in questo è il simbolo delle nostre contraddizioni. Il porno è libertà o violenza? E’ l’esaltazione del tabù o emancipazione? E’ la bandiera del web che non accetta censure o il virus che sta contagiando tutto il web? Un cosa è certa. Il fronte più avanzato contro la rete senza tabù arriva dalla cultura femminista. Le conseguenze non sono virtuali e neppure confinate al mondo delle XXX.  E’ l’attacco al vecchio maschilismo che ancora resiste, ma anche il rifiuto di un certo modello di donna, con cui le femministe non voglio avere nulla a che fare e che considerano complici di una cultura violente e degradante. E’ la donna che usa il suo corpo per realizzarsi. E’ la donna che si degrada. Si vende. Si prostituisce nei posti di lavoro. Il rischio è di trovarsi con donne che giudicano altre donne. Donne giuste e donne perdute, con derive da caccia alle streghe. E’ un frattura rischiosa. Complicata. Il rifiuto della cultura pornografica si ritrova poi a convivere con il successo editoriale delle varie sfumature di grigio e di nero, con la letteratura del sadomasochismo soft, con le serie tv dove le scene di sesso diventano l’ingrediente principale della narrazione e il confine tra Spartacus e Rocco Siffredi si fa sempre più labile.

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