“Sei un ingenuo”. Ogni tanto qualcuno più furbo te lo dice, magari scuotendo la testa, come un’offesa più o meno bonaria. L’ingenuo se va bene è un candido, un sognatore, uno che non conosce il mondo, un sempliciotto. Non è però sempre stato così. Ingenuo viene dal latino ingenuus, generato dentro i confini dell’urbe, e per secoli ha indicato la fortuna di nascere libero. Strano, no? L’ingenuo è l’uomo libero e si contrappone a liberto e libertino. Ancora nei primi anni dell’Ottocento l’ingenuo rappresenta qualcuno che ha dignitas. E’ libero e onesto. Cosa è successo, allora? Come diventa una sorta di insulto? Non ci sono prove, ma solo qualche indizio. L’uomo libero non ha bisogno di essere furbo. Non deve arrabattarsi come il servo per sopravvivere. Il passaggio cruciale ha però a che fare con la donna nata libera. L’ingenua è un ruolo classico delle compagnie di giro. E’ la ragazza spesso bella e inesperta che si lascia ingannare e traviare dal seduttore smaliziato, quello che in teatro è il Millantatore. Allora ti immagini che qualcuno abbia cominciato a dire: “sei proprio un’ingenua” e se questo viene detto a un maschio è ancora più sottile la beffa. Sei un ingenuo, sei una donnicciola. Non più onesto, ma sprovveduto. Non più libero, perché per i furbi alla libertà credono soltanto gli stolti. Solo per noi libertari l’ingenuo è ancora la parte più bella dell’umano.

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