Il mea culpa dei preti calabresi sulla ‘ndrangheta
Rosy Bindi fa la furbetta davanti ai vescovi che ammettono che sì, in passato la ‘ndrangheta ha esercitato una qualche sorta di contagio anche dentro la Chiesa. La presidente della commissione Antimafia – che tra qualche giorno si esibirà anche sul caso di Roma, a rischio scioglimento per Mafia Capitale – ha fatto un favore al Pd e ha evitato l’audizione in commissione dell’assessore regionale Antonino De Gaetano (finito nei guai per i suoi presunti rapporti con i boss del quartiere Archi). I Cinque stelle calabresi che fanno parte dell’Antimafia, il senatore Luigi Gaetti e il deputato Riccardo Nuti, sostengono che «la sanità calabrese sia – come il resto della Regione – colonizzata da ’ndrangheta e politica» e che siccome «si spenderà circa mezzo miliardo di euro per i nuovi ospedali sentire De Gaetano (che ha la delega sui lavori pubblici) sarebbe stato importante».
Il governatore Mario Oliverio parla di «vicenda strumentale» e sostiene che se ci fossero stati riscontri avrebbe chiesto a De Gaetano di lasciare: «La lotta alla criminalità e alle connivenze con la mafia non si fare sollevando polveroni. Si tratta di documentare le cose perché altrimenti anche la lotta contro la criminalità perde di
efficacia e di credibilità». La Bindi tace e non raccoglie. A proposito, da sette mesi la Calabria è formalmente senza giunta ma rischia di tornare a votare perché la legge elettorale è stata cambiata da un Consiglio regionale formalmente decaduto dopo le dimissioni di Giuseppe Scopelliti legate alla legge Severino e a una condanna in primo grado sui presunti bilanci falsi del Comune di Reggio Calabria, su cui c’è stato un indegno balletto di cifre ma tant’è. Se De Gaetano e Oliverio fossero stati di centrodestra la questione Calabria sarebbe diventata nazionale. Amen
Se la Bindi fa la furbetta i preti calabresi recitano il mea culpa. Merito – anche questa volta – delle durissime parole pronunciate ormai un anno fa da Papa Francesco in Calabria contro la ’ndrangheta e la scomunica lanciata contro i mafiosi: «La mafia qualche volta, e non solo qualche volta, è riuscita in maniera subdola a inserirsi nel contesto ecclesiale. Adesso dobbiamo impedire alla mafia di potersi inserire nelle feste religiose e nei sacramenti», ha detto monsignor Salvatore Nunnari, presidente della Conferenze episcopale calabra. «Dobbiamo aiutare – ha detto ancora – i parroci a non sentirsi soli. Davanti a certe situazioni un parroco di un paesino ha difficoltà. Deve sentire che c’è un vescovo vicino e che la chiesa calabrese è vicina». Ma anche lo Stato deve essere presente «perché l’antistato non vinca – ha sottolineato Nunnari – alla ’ndrangheta abbiamo detto con chiarezza: voi siete l’anti Vangelo. I mafiosi possono avere immaginette ed altro, ma con la Chiesa e con il Vangelo non hanno nulla a che fare. Non è la Chiesa che li ha messi fuori, sono loro che si sono messi fuori. La Chiesa li aspetta con la conversione per riaverli dentro. Chi è nell’errore – ha concluso Nunnari – ritrovi la strada del ritorno. La Chiesa non giudica, incontra. Misericordia e giustizia vanno insieme».
A giudicare dovrebbe essere lo Stato, ma anche in questo caso non è semplice. A Bologna, per esempio, siamo alla vigilia del maxiprocesso contro 224 presunti esponenti della ‘ndrangheta coinvolti nell’inchiesta AEmilia. Ma nessuno vuole accollarsi le spese per l’affitto del padiglione della Fiera di Bologna, unico posto adatto per ospitare l’evento. «Mettere a rischio il procedimento più importante contro la mafia mai svolto al Nord per una questione di spazi e risorse sarebbe una beffa incredibile – dicono i grillini – oltre che il più grande regalo fatto alla criminalità organizzata. La Regione se ne faccia carico, visto che si tratta di un ente partecipato da viale Aldo Moro».
A breve della questione verrà investito anche il ministro della Giustizia, con cui i vertici degli uffici giudiziari bolognesi hanno chiesto un incontro. «Il rischio – ha spiegato il presidente del tribunale, Francesco Scutellari – è che decadano le misure cautelari detentive e questo sarebbe un’immagine negativa per la giustizia italiana. Questo il più importante processo di mafia che viene celebrato nell’Italia settentrionale. Siamo certi che il Guardasigilli farà tutto il possibile per metterci in condizione di celebrare l’udienza preliminare, anche per l’importanza che il processo ha per l’immagine dello Stato». E la ‘ndrangheta se la ride…