Qual è il rapporto tra mafia e corruzione? Facile. L’una crea le condizioni per l’altra. Se un dirigente pubblico è corrotto sarà più facile per un mafioso convincerlo – con le buone più che con le cattive – a mettersi a disposizione dei clan. E spesso il potere mafioso, al netto della sua capacità intimidatoria e delle ramificazioni che nelle aule di tribunale ne consentono un identikit a prova di sentenza, si muove in contesti corruttivi. D’altronde, trattare con i boss o con un imprenditore spregiudicato non è affatto diverso.

Eppure c’è chi come l’assessore alla Legalità e Trasparenza Alfonso Sabella, che la legge dovrebbe conoscerla bene essendo un magistrato, non ci sta a mettere le due cose sullo stesso piano. «A Roma esistono organizzazioni di tipo mafioso ma non è una città mafiosa – ha detto Sabella qualche giorno fa – Roma è una città corrotta. A Roma la corruzione è un fenomeno su cui si è fatto tanto, ma ancora troppo poco».

Ma se la Capitale è marcia (come se non bastasse quel filo nero che porta in Calabria) allora bisognava avere il coraggio di sciogliere il Comune per mafia. Ma il coraggio uno se non ce l’ha, non se lo può dare, faceva dire Alessandro Manzoni sui Promessi Sposi al pavido Don Abbondio. E lo Stato non ce l’ha, come non ce l’ha il Pd che straparla di legalità e invece si trova l’Emilia rossa ormai invasa.

Una delle prove della sua vigliaccheria arriva da Milano. Il boss Bernardo Provenzano, detenuto al carcere duro – il famigerato 41bis che per molte organizzazioni non governative equivale a una tortura – è molto malato. Nella cartella clinica si parla di «grave decadimento cognitivo», di problemi dei movimenti involontari e di «ipertensione arteriosa». A peggiorare il quadro l’infezione cronica del fegato, lo svuotamento di un ematoma da trauma cranico per l’asportazione della tiroide e un tumore alla prostata. E infatti è ricoverato in regime di sicurezza all’ospedale San Paolo di Milano.

Struttura magnifica, come la stragrande maggioranza degli ospedali lombardi, sebbene proprio il nosocomio milanese sia al centro di una inchiesta di ‘ndrangheta che ha visto alcuni ex dirigenti indagati per concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso dopo il dubbio suicidio di Pasquale Libri, funzionario del settore appalti legato al manager Asl Carlo Chiriaco (condannato nell’inchiesta Infinito per i suoi rapporti storici con la ‘ndrangheta) e soprattutto genero del boss Rocco Musolino, caduto dall’ottavo piano dell’ospedale qualche anno fa in circostanze ancora tutte da chiarire. In mezzo ci sono una serie di appalti che sarebbero stati pilotati per favorire le cosche. Ma questa è un’altra storia…

I legali dell’anziano boss di 83 anni hanno chiesto che il loro assistito possa andare in un reparto ospedaliero comune. Ma per la Cassazione con questo trasferimento Provenzano sarebbe a «rischio sopravvivenza» per la «promiscuità» e le cure meno dedicate. Quindi il «peculiare regime» detentivo è compatibile con le pur gravi condizioni di salute accertate». Insomma, il 41bis non è motivato dalla sua pericolosità ma dal fatto che gli possa salvare la vita.

Si può chiamare giustizia tenere al 41bis in ospedale un boss 83enne in fin di vita, per non dire che ormai è quasi un vegetale, con l’alibi che solo così gli si salva la vita? Si può rinchiudere un altro boss di 88 anni come Antonio Papalia per un delitto commesso nel 1990 i cui mandanti sono stati assicurati alla giustizia grazie ad alcune rivelazioni involontarie captate da una microspia?

Ps Quando parlo di scarso coraggio Pd mi riferisco anche al suo barbaro doppiopesismo. Sentite cosa dice la presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi dopo l’assoluzione dell’ex sindaco di Isola Capo Rizzuto Carolina Girasole: «Il “caso Girasole” si colloca all’interno di un percorso giudiziario, del quale prendiamo atto. Deve però concludersi tutto il percorso prima di aggiungere altro. Come Commissione – ha aggiunto Bindi – abbiamo aperto un’inchiesta sull’antimafia perchè riteniamo che casi come quello della Girasole, in cui una persona prima esaltata come simbolo dell’antimafia e poi arrestata, siano emblematici e inviano messaggi contraddittori. Vogliamo capire di più, ma intanto ci complimentiamo con lei».

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