“È meraviglioso essere di nuovo a Berlino”, ha detto il presidente degli Stati Uniti durante la conferenza stampa con Angela Merkel in cancelleria. “Sono contento – ha aggiunto – dell’invito della cancelliera dopo i 50 anni della visita di Kennedy”. Il 26 luglio 1963 davanti alla porta di Brandeburgo JFK pronunciò un discorso passato alla storia: Duemila anni fa l’orgoglio più grande era poter dire civis Romanus sum (sono un cittadino romano). Oggi, nel mondo libero, l’orgoglio più grande è dire ‘Ich bin ein Berliner.’ Tutti gli uomini liberi, dovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso delle parole ‘Ich bin ein Berliner!’.

Con quelle parole Kennedy volle mostrare, in piena Guerra fredda, la vicinanza degli Stati Uniti – e del mondo libero – a Berlino e alla Germania tutta. Un’amicizia che veniva espressa in piena Guerra fredda. Nel 1961 era stato costruito il muro, che per 28 anni divise in due la città, impedendo fisicamente il passaggio da una parte e l’altra. Due anni dopo il capo degli Stati Uniti da Berlino lanciava il proprio incitamento morale agli abitanti di Berlino Ovest, che vivevano in una sorta di enclave, circondati dai “tedeschi dell’est” che vivevano sotto l’ombrello sovietico. Il richiamo a quel discorso è forte per tutti, non solo per Obama. Nel 1987 un altro presidente americano, Ronald Reagan, pronunciò – sempre a Berlino – parole altrettanto importanti e, per certi versi, ancor più incisive. “Mr Gorbaciov, tear down this wall” (Signor Gorbaciov, butti giù questo muro, ndr).

Obama era già stato a Berlino. Lo aveva fatto cinque anni fa, in piena campagna elettorale (guarda il video). Ora ci torna da presidente. E per conquistare le folle risfodera la sua arma preferita, la retorica. Lo fa con un discorso alto, che tocca i principi e i valori cari all’Occidente. “Non ci può essere nessun muro che interrompa il desiderio di giustizia, il desiderio di libertà, il deciderio di pace. Anche se non sono il primo ad aver parlato qui, sono orgoglioso di parlare nel lato est. Oggi le persone vengono in questo posto per ricordare la storia non per scriverla. Non ci sono carri armati ai confini, si può dire che si sono vinte le sfide del passato”.

Obama ci tiene a ricordare i progressi fatti insieme da Usa ed Europa, ma aggiunge che “il lavoro non è ancora finito: oggi non siamo più solo cittadini di Usa e Germania, ma cittadini del mondo. Potremo assestare altri colpi al terrorismo, possiamo avere un tenore di vita che è il migliore del mondo, ma finché ci saranno milioni di persone che soffrono fame o disoccupazione non potremo dirci davvero sviluppati. Nessuna di queste sfide – prosegue – può essere superata se non siamo qualcosa di più della nostra singola esperienza. La nostra alleanza è la base”. Obama cita Kennedy. Lo prende a esempio: siamo cittadini del mondo. E sottolinea che era proprio questa la sfida di Kennedy. Poi aggiunge che le parole di JFK “sono senza tempo”.

C’è spazio, anche, per un annuncio importante. Il rilancio del disarmo. Stati Uniti e Russia devono ridurre di un terzo gli arsenali nucleari, bisogna andare oltre la Guerra Fredda. Così Obama dà l’annuncio più atteso del suo discorso, quello sul disarmo nucleare: “Dobbiamo ridurre di un terzo il numero delle testate nucleari, dobbiamo allontanarci dalle vecchie posizioni della Guerra Fredda”. La Russia, però, ritiene che nel processo vadano coinvolti “altri Paesi”.

“Vielen Dank!”. Così , ringraziando in tedesco, Obama chiude il suo discorso alla porta di Brandeburgo. Anche lui cerca di conquistarsi un pezzetto di storia, come accadde a Kennedy. Grandi applausi per il presidente americano, che subito dopo abbraccia e bacia Angela Merkel, salutando la folla esultante.

Il discorso di Obama alla Porta di Brandeburgo

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Il discorso di Kennedy a Berlino

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