Riforma immigrazione: no dei repubblicani
I repubblicani non apprezzano la riforma dell’immigrazione voluta da Obama e di recente approvata dal Senato. E quella che per il presidente è la riforma più importante del secondo mandato, potrebbe non andare in porto. Il New York Times scrive che il repubblicano John Boehner, speaker della Camera, ha avvertito i colleghi: bocciare la riforma potrebbe costare molto caro ai repubblicani a un anno dalle elezioni di midterm. Per questo non basta dire no, bisogna proporre qualcosa di alternativo al piano votato dal Senato, che prevede un percorso verso la cittadinanza per 11 milioni di immigrati e il rafforzamento delle misure di sicurezza al confine con il Messico.
Un disegno di legge, quello presentato dalla cosiddetta “Gang of Eight” (quattro senatori democratici e altrettanti repubblicani) e votato dal Senato, che non ha alcuna possibilità di essere approvato dalla Camera. Boehner si è pubblicamente impegnato a non permettere che una legge che non abbia il sostegno della maggioranza dei 234 membri repubblicani arrivi a essere discussa in aula. Almeno fino a settembre la Camera non affronterà la questione. I repubblicani proveranno a far passare vari disegni di legge di piccola portata, in opposizione alla vasta riforma votata dal Senato.
Da sottolineare che anche l’ex presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, ha ricordato la necessità di riformare il sistema, augurandosi una soluzione positiva al dibattito. Durante i suoi due mandati alla Casa Bianca George W. (come del resto suo padre) ha goduto di un ampio consenso fra le minoranze latine degli Stati Uniti. Nei giorni scorsi Bush ha spronato il suo partito a sposare la riforma dell’immigrazione approdata alla Camera dei rappresentanti e minacciata dall’ostilità dei repubblicani. C’è da rilevare, però, che oltre la metà dei 234 deputati repubblicani è arrivata alla Camera dopo l’uscita di Bush dalla scena politica. Le opinioni dell’ex presidente, dunque, riusciranno a far cambiare idea ai parlamentari del Gop? Il Washington Post sottolinea che il ritorno di Bush sulla scena politica, proprio sul tema dell’immigrazione, non è casuale. I conservatori hanno un grave problema di consenso. Nel 2004, Bush aveva conquistato la preferenza “di circa il 44 per cento dell’elettorato latino”. Otto anni dopo Mitt Romney “ha ottenuto appena il 29 per cento dei voti dei latinoamericani”.
Ma non tutti sono d’accordo sull’impostazione della legge data dal Senato: “Nel testo prima c’è la legalizzazione dei clandestini e solo dopo gli investimenti per proteggere i confini, bisogna fare l’opposto”, tuona Tom Cotton, deputato dell’Arkansas. E sul sostegno di Bush alla riforma voluta da Obama, obietta: “Dobbiamo rendere conto agli elettori, non agli ex presidenti”. Paul Ryan, ex candidato alla vicepresidenza, assieme a Eric Cantor, capo della maggioranza, guidano la fronda alla Camera, spinti dai Tea Party. Per loro la strada maestra è la linea dura anti-clandestini: sono certi che pagherà alle urne del novembre 2014, quando, nelle elezioni di midterm, si voterà per il rinnovo del Congresso. Nel mirino dell’ala più conservatrice del Gop finisce anche Marco Rubio, il senatore ispanico della Florida (favorevole alla riforma).
Cosa prevede la riforma approvata al Senato
La riforma prevede un percorso di regolarizzazione per circa 11 milioni di immigrati illegali e un investimento da 40 miliardi di dollari – su 10 anni – volto a rafforzare il confine meridionale degli Stati Uniti e combattere l’entrata di clandestini dal Messico. Il percorso per ottenere la cittadinanza è lungo 13 anni: gli immigrati senza documenti non devono aver compiuto crimini gravi negli Stati Uniti e devono aver pagato tutte le tasse. Trascorsi dieci anni potranno presentare domanda per la green card, lo status di residente permanente. Ancora tre anni e dovranno dimostrare di conoscere l’inglese e l’abc della storia americana: a quel punto otterrebbero la cittadinanza. Previsto il raddoppio del numero di agenti di frontiera e la costruzione di 700 miglia di recinzioni al confine col Messico. Sarà utilizzata anche la tecnologia militare (radar e droni) per controllare meglio le frontiere e bloccare i passaggi di clandestini. Infine aeroporti e posti di frontiera saranno dotati di sofisticati sistemi di riconoscimento biometrico al fine di riconoscere coloro che sono rimasti negli Stati Uniti oltre la scadenza del visto.
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