Colossi del web del calibro di Aol, Twitter, Yahoo, Microsoft, Facebook, Google, Apple e LinkedIn si sono rivolti a Obama per chiedere nuove regole per l’Nsa, la National security agency, divenuta famosa dopo le rivelazioni fatte ai giornali dalla “talpa” Edward Snowden. In una lettera aperta al presidente degli Stati Uniti sottolineano, allarmati, che “sono in gioco le nostre libertà”, e caldeggiano la radicale riforma della sorveglianza elettronica. La lettera è stata pubblicata sui maggiori quotidiani americani ed è anche su Internet, grazie a un sito creato ad hoc (www.reformgovrenmentsurveillance.com).

Mark Zuckerberg (Facebook) mette in evidenza che “i dettagli sulle attività di sorveglianza mostrano che vi è una reale necessità di porre nuovi limiti su come i governi possono raccogliere informazioni”. Larry Page (Google) osserva che “la sicurezza dei dati degli utenti è un fattore critico, motivo per cui abbiamo investito così tanto nella crittografia e combattiamo per la trasparenza intorno alle richieste governative. Questo sforzo è inficiato dalla raccolta all’ingrosso di dati, in segreto e senza una supervisione indipendente, operato da molti governi di tutto il mondo. E’ tempo per le riforme ed esortiamo il governo americano ad aprire la strada”. Marissa Mayer (Yahoo) sottolinea che “le ultime rivelazioni hanno scosso la fiducia dei nostri utenti. È ora che il governo Usa agisca per restaurare la fiducia dei cittadini in tutto il mondo”.

Ma non sarebbe solo la Nsa a spiare. Secondo il Washington Post, che cita alcuni dati raccolti dal Congresso, solo nell’ultimo anno agenzie federali, statali e locali che indagano su reati penali – compresi i commissariati di polizia – hanno avanzato alle società telefoniche almeno 9.000 richieste di dati, compresi numeri di molti cittadini estranei alle indagini. Le richieste delle forze dell’ordine non si sarebbero limitare alle telefonate ma anche a dati sulla localizzazione Gps e ad indirizzi web. Questo conferma che il “Grande fratello” americano sui cittadini è molto pervasivo. E non riguarda solo i “potenziali terroristi”. Le grandi aziende che operano sulla Rete, e che spesso hanno collaborato con il Governo, ora chiedono a Washington di rivedere le regole. Abile mossa di marketing o reale preoccupazione sulla pesante limitazione della libertà di ciascuno di noi?

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