Per i repubblicani il difficile viene ora
Previsioni confermate. I repubblicani hanno vinto a mani basse, prendendo il controllo del Senato. Il partito dell’Elefantino ha conquistato la maggioranza del Senato degli Stati Uniti e ampliato il controllo che già aveva alla Camera. I candidati del Gop si sono aggiudicati al Senato almeno 10 dei 13 seggi in bilico, con vittorie in Colorado, Arkansas, Montana, Sud Dakota, West Virginia e Carolina del Nord, oltre all’Iowa, lo Stato dove Barack Obama aveva vinto le primarie dando inizio alla sua formidabile corsa verso la presidenza. Inoltre alla Camera hanno ampliato il loro controllo, ottenendo almeno 10 seggi più della scorsa legislatura.
Dopo aver conquistato il controllo di entrambe le Camere del Congresso, i repubblicani si sono imposti anche in molte delle 36 sfide per la carica di governatore, conquistando la vittoria anche nelle roccaforti tradizionalmente democratiche come il Maryland, il Massachusetts e persino nell’Illinois, lo Stato del presidente. A conferma della scarsa popolarità di Obama c’è un dato: la maggior parte dei candidati governatori che lui ha direttamente sostenuto in campagna elettorale ha perso.
Il successo dei repubblicani è indubbio. Obama avrà davanti a sé un Congresso ostile e dovrà decidere se tentare di governare a colpi di decreti, venendo stoppato da senatori e deputati, oppure tentare di portare avanti qualche compromesso utile al Paese. Questo per i prossimi mesi, almeno fino alla fine dell’estate. Poi finirà nel cono d’ombra e tutti penseranno solo alla corsa per la Casa Bianca. Un Obama così debole potrebbe anche diventare ostico per i repubblicani, imbastendo con loro nuove sfide ideologiche e alzando il livello dello scontro, per cercare di farli deragliare in vista delle presidenziali. E c’è da scommettere che farà di tutto, il presidente, per ostacolare la scalata alla casa Bianca da parte dei repubblicani. Ormai, del resto, non gli resta altro da fare, oltre a qualche battaglia simbolica che potrebbe portare avanti, come dicevamo prima, a colpi di decreti. Per cercare di strappare qualche consenso più che altro a livello d’immagine.
Nel titolo di questo post c’è scritto che per i repubblicani il difficile viene ora. Ma cosa vuol dire? Non hanno forse vinto, contribuendo a scalzare anzitempo Obama dalla casa Bianca? Sì, in effetti hanno vinto. Ma al Gop manca ancora una leadership forte e riconosciuta. E, soprattutto, manca una linea unitaria da seguire, una strategia comune, un collante che tenga uniti senza far troppo litigare Tea Party e moderati. Possibilmente senza dimenticare le minoranze, specie quella ispanica, che tanta fortuna in passato ha portato a Obama. La base repubblicana è mutata negli ultimi anni. C’è una parte di essa (proprio quella degli ispanici) che non disdegna la spesa pubblica e le tasse pur di ottenere buoni servizi. Poi c’è il tema, sempre caldo, anzi caldissimo, dell’immigrazione. Sono aspetti che la destra dovrà valutare a fondo se intende presentarsi con le carte in regola per la corsa più importante, quella del 2016. Nel Gop non si intravede ancora un leader capace di imporsi e strappare la candidatura. Si parla con insistenza di Jeb Bush e Marco Rubio. Ma ci sono anche altri nomi “caldi”. Staremo a vedere. Lo stesso discorso vale per i democratici, ovviamente. Anche se per loro si tratta di risalire la china dopo la batosta rimediata. Sono due punti di partenza diversi che richiedono, ovviamente, ricette politiche differenti. La pragmaticità del “mastino” Hillary Clinton potrebbe far dimenticare, in poco tempo, le velleità di Obama. Il presidente che più speranze riuscì a creare lasciando però agli americani quel senso di amaro che è difficile togliersi dalla bocca dopo il risveglio. Forse perché, al di là dei risultati economici (che ci sono), le promesse (e le speranze) erano davvero troppe.