“Finisce un’era, spero che quella nuova sarà quella del protagonismo della società civile”, dice Yoani Sanchez in uno dei suoi numerosi tweet dopo l’annuncio della svolta tra gli Stati Uniti e Cuba. Poi fa una battuta velenosa: “Il grande assente continua a essere Fidel, nemmeno una foto sua alle spalle di Raul Castro mentre leggeva il discorso”. Poche ore prima aveva sentenziato: “Ha vinto il castrismo”.

Nei caffè e i ristoranti di Washington politici, lobbysti e uomini d’affari parlano soprattutto di sigari. Cohiba, Upmann e Montecristo sono un mito per i fumatori. E tra poco saranno ancor di più a portata di mano.  La normalizzazione dei rapporti con Cuba non significa la fine immediata dell’embargo, anche se è un obiettivo verso cui Obama guarda (e l’ha fatto capire chiaramente nel suo discorso). Qualcosa cambia da subito: nelle prossime settimane saranno rimosse le restrizioni ai viaggi verso Cuba, e sarà possibile far entrare negli Stati Uniti fino a 100 dollari di tabacco e alcol. “Per i fumatori di sigari c’è la promessa di qualcosa di grande in arrivo”, ha commentato entusiasta il magazine americano “Cigar afficionado”.

C’è anche chi festeggia per motivi sportivi.  La caduta del muro riguarderà anche il baseball, lo sport più popolare nell’isola caraibica e amatissimo dagli americani. C’è già chi scommette che nel giro di un decennio la percentuale di giocatori cubani nella Major League (Mlb) americana arriverà al 10%, superando quella dei dominicani.

Al di là degli aspetti più coloriti della vicenda (importanti ma non fondamentali), come hanno preso gli americani la svolta decisa da Obama? Gli sono arrivate critiche, ma non solo dai Repubblicani, com’era scontato. Anche tra i Democratici c’è chi non ha gradito affatto la sua mossa. L’accusa principale è di aver concesso tutto al regime di Castro. Il senatore repubblicano Marco Rubio giudica l’accordo “inspiegabile” e assicura che cambierà idea solo quando Cuba diventerà una democrazia. “La Casa Bianca ha concesso tutto e ha ottenuto poco”, ha affermato il senatore di origini cubane, che dovrebbe essere nominato capo della sottocommissione agli Affari Esteri per l’emisfero occidentale. “Utilizzerò ogni strumento a nostra disposizione”, ha assicurato Rubio, annunciando che tenterà di ostacolare il finanziamento della futura ambasciata all’Avana e di impedire la nomina dell’ambasciatore. Critiche a Obama anche dal presidente della Camera dei Rappresentanti, John Boehner, secondo il quale il presidente ha offerto l’ultima di una “lunga serie di concessioni irragionevoli a una dittatura che brutalizza il proprio popolo, trama contro i nemici” e “incoraggia gli Stati sponsor del terrorismo”.

Critiche anche dai democratici, con il presidente della Commissione Esteri del Senato, Robert Menendez, che afferma che il gesto di Obama “giustifica l’atteggiamento brutale del governo cubano”. E sottolinea anche che lo scambio di prigionieri è stato “asimmetrico”. A guidare i parlamentari a favore della decisione di Obama, invece, il senatore democratico Dick Durbin, membro della Commissione Esteri. “Aprire le porte verso Cuba per il commercio, i viaggi e lo scambio di idee creerà una forza di positivo cambiamento (sull’isola) che in oltre 50 anni di nostra politica di esclusione non abbiamo potuto raggiungere”.

Fanno conoscere la propria opinione anche i due possibili sfidanti per la Casa Bianca nel 2016. Per Hillary Clinton “nonostante le buone intenzioni, la nostra politica di decenni di isolamento ha solo rafforzato la presa del regime di Castro sul potere”. Poi ha aggiunto: “Sostengo la decisione del presidente Obama di cambiare corso alla politica su Cuba, mantenendo il focus sul nostro principale obiettivo, sostenere le aspirazioni del popolo cubano per la libertà”. Insomma, un sì all’apertura, ma con riserva.Diametralmente opposta la linea di Jeb Bush, che fa sapere che si opporrà alla svolta nelle relazioni tra Stati Uniti e Cuba.

Mentre la svolta di Obama divide l’America, a Cuba si festeggia quella che viene dipinta come “la vittoria di Raul Castro“. I giornali del regime festeggiano il fatto che il leader cubano sia riuscito a riportare in patria i tre agenti segreti detenuti negli Stati Uniti, in cambio della liberazione del contractor Alan Gross e di uno 007 della Cia. I tre agenti fanno parte del gruppo di cinque ufficiali dei servizi cubani, appartenenti al cosiddetto Wasp Network, che raccoglieva informazioni riservate su importanti leader cubano-americani in esilio e sulle basi militari Usa. La foto di Castro accanto al gruppo al completo dei “Cuban Five” apre i principali siti cubani. L’immagine è accompagnata dal discorso integrale del presidente sulla ripresa delle relazioni con gli Stati Uniti e da articoli che raccontano l’entusiasmo della popolazione.

C’è un elemento curioso da sottolineare. Cina, Europa e Russia accolgono con entusiasmo la notizia che arriva da Washington e L’Avana. Con parole e torni diversi, ma la sostanza non cambia. Tutti accolgono con favore l’apertura di Obama. Pechino “appoggia la normalizzazione delle relazioni diplomatiche” tra Cuba e gli Stati Uniti e chiede che l’embargo abbia fine “il più presto possibile”. Lo dice il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Qin Gang, che promette un sostengo economico a L’Avana in vista di mutamenti economici. “Con Cuba abbiamo una relazione di amicizia”, continua Qin, “e l’appoggeremo a prescindere dai cambiamenti che potrebbero intervenire”.

Il ministero degli Esteri russo ne approfitta per bacchettare l’America. “Il presidente degli Usa ha riconosciuto l’inutilità di anni di tentativi di isolare Cuba”, si legge in una nota del dicastero. “Si spera che Washington riconosca presto la futilità dell’analoga pressione delle sanzioni su altri Paesi”.

Infine l’Ue, che elogia come una “svolta storica e una vittoria del dialogo” l’annuncio sul ristabilimento delle relazioni: “Un altro muro comincia a cadere”, sottolinea in una nota Federica Mogherini, responsabile della politica estera del Vecchio continente. “La Ue – prosegue – spera di poter aumentare le proprie relazioni con tutte le componenti della società cubana”.

Insomma, nel mondo globalizzato e senza blocchi contrapposti, la vecchia Europa, la Russia e la Cina plaudono alla svolta cubana di Obama. Gli unici a dividersi sono gli americani. Ed è quasi certo che la mossa non porterà voti ai democratici. Dunque perché l’ha fatto Obama? Semplice: per (provare a) lasciare un segno forte nella storia.

 

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