Death Penalty.jpgMentre in alcuni stati dell’Unione ci si interroga sull’efficacia dei nuovi cocktail della morte (qualche settimana fa in Georgia tre iniezioni erano state rinviate perché c’erano dubbi sulla loro efficacia), e si attende la decisione in materia della Corte suprema (non tanto sulla pena in sé quanto sulla modalità di esecuzione), negli Usa prosegue  il dibattito sulla pena di morte. Un tema spinoso, che divide le coscienze in modo trasversale e su cui i presidenti hanno sempre evitato di esporsi troppo, per non essere accusati di eccessiva ingerenza nelle prerogative dei singoli stati. Ora i cattolici tornano all’attacco. L’Osservatore Romano pubblica l’appello contro la pena di morte, uscito su quattro giornali cattolici statunitensi: America, National Catholic Register, National Catholic Reporter e Our Sunday Visitor. “La pena capitale deve finire”, è il titolo del documento che definisce l’uccisione dei condannati “una pratica ripugnante e non necessaria” ed “anche assurdamente cara, poiché le battaglie in tribunale assorbono risorse che potrebbero essere meglio utilizzate, in primo luogo, nella prevenzione del crimine e poi per lavorare a una giustizia riabilitativa per quanti commettono crimini meno gravi”.

L’appello si apre con il ricordo di Giovanni Paolo II: “Ha modificato il Catechismo della Chiesa cattolica perché comprendesse de facto un divieto contro la pena capitale”. E cita l’arcivescovo di Philadelphia, Charles Chaput, che ha detto: “Abbandonare la pena capitale non significa diminuire il nostro sostegno alle famiglie delle vittime di omicidio? Ma uccidere i colpevoli non rende onore ai morti, né nobilita i vivi. Quando togliamo la vita a un colpevole, non facciamo altro che accrescere la violenza in una cultura già violenta e svilire la nostra dignità”. “L’arcivescovo Chaput – si legge – ci ricorda che quando pensiamo alla pena di morte non dobbiamo dimenticare che siamo noi a essere, attraverso il nostro governo, gli agenti morali di un’esecuzione. Il detenuto ha commesso il suo reato e ne ha risposto durante la sua vita, proprio come ne risponderà dinanzi a Dio. Ma è il governo, agendo a nome nostro, che ordina e perpetra l’iniezione letale. Siamo noi che aumentiamo la violenza invece di guarirla”.

La Santa Sede auspica “una moratoria globale sull’uso della pena di morte” in vista della sua abolizione: così monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente vaticano presso l’Ufficio Onu di Ginevra, durante la 28^ sessione del Consiglio dei diritti umani in corso nella città elvetica. Il presule, ricordando quanto affermato da Giovanni Paolo II nella Evangelium Vitae, ha ribadito come appaia evidente che al giorno d’oggi ci sono altri mezzi che non siano la pena di morte “per difendere le vite umane dall’aggressore e per proteggere l’ordine pubblico e la sicurezza”.
E citando Papa Francesco ha ricordato inoltre “la possibilità dell’esistenza dell’errore giudiziale e l’uso che ne fanno i regimi totalitari e dittatoriali, come strumento di soppressione della dissidenza politica o di persecuzione delle minoranze religiose e culturali”. Monsignor Tomasi sottolinea anche il fatto “che nessun chiaro effetto positivo della deterrenza risulta dall’applicazione della pena di morte e che l’irreversibilità di questa pena non consente eventuali correzioni in caso di errori giudiziari”.