Usa-Cuba:Obama ottimista,continueremo a fare progressiTutti hanno parlato di uno storico faccia a faccia. E non si può definire altrimenti l’incontro tra Barack Obama e Raul Castro. La crisi scoppiata prima con il tentativo d’invasione americano (1961) e poi con i missili sovietici installati sull’isola caraibica (1962), ormai è un’immagine ingiallita dal tempo. Dopo 54 anni la diplomazia ha riannodato i fili del dialogo.

Certo, Cuba era e resta un paese non democratico, che priva i propri cittadini della libertà. Ma ce ne sono molti altri nel mondo. E dai fili pazientemente intrecciati dalla Casa Bianca presto si potrebbe scorgere una tela nuova, con un paese che, per ragioni economiche, giocoforza dovrà aprirsi agli Usa, per accogliere milioni e milioni di turisti yankee, ma non solo. Dalla Coca Cola ai dollari la libertà potrebbeimporsi come esito inevitabile di una svolta economica, anche se il mercato da solo non permette di arrivare alla democrazia (vedasi Cina).

Non si deve sottovalutare, inoltre, che con questa mossa Obama ha spezzato il fronte dei paesi latini ostili agli Stati Uniti (anche il Venezuela si trova costretto a “chiedere la pace”), molti dei quali governati dalla sinistra e sino ad ora più vicini all’Avana che a Washington.

Castro e Obama si sono seduti uno accanto all’altro in una saletta, a Panama City, a margine del vertice delle Americhe. C’è ancora tanta strada da fare ma ormai il disgelo tra i due Paesi è avviato. “Todos somos americanos“, disse Obama il 17 dicembre 2014. Ora si va avanti su quella strada. “Era tempo che si tentasse qualcosa di nuovo, possiamo avanzare sul sentiero verso il futuro. Con il tempo, è possibile per noi voltare pagina e sviluppare una nuova relazione tra i nostri due Paesi”, ha detto Obama. “Sono pronto a parlare di tutto”, ha risposto l’83enne Raul, fratello di Fidel Castro, invitando alla “pazienza”.

Che succede ora? La rimozione dell’Avana dalla lista americana dei Paesi patrocinatori del terrorismo, in cui è stata inserita nel 1982, è vicina, ma “nessuna decisione è stata ancora presa, non ho ancora esaminato la raccomandazione (in questo senso) del Dipartimento di Stato”, ha fatto sapere Obama in conferenza stampa. Ma, ha precisato il capo della Casa Bianca, “Cuba non è per gli Usa una minaccia” e “la guerra fredda è finita da tempo, non sono interessato a combattere battaglie iniziate prima che nascessi”. E ancora: “Potrei darvi una lista di quelle che credo siano minacce”, ha detto Obama, ricordando “l’Isis, la minaccia delle armi nucleari in Iran, le attività nello Yemen, Libia, Boko Haram, l’aggressione russa in Ucraina…”. Tanti i dossier internazionali che preoccupano gli Stati Uniti. Cuba, invece, non è (più) un problema. Obama ha anche annunciato di aver chiesto al Congresso di cominciare a lavorare per sospendere l’embargo in vigore da decenni. Non può essere il presidente, infatti, a togliere l’embargo, occorre una legge.

Seventh Summit of the AmericasDa parte sua Raul Castro ha precisato che “non bisogna farsi illusioni, tra noi ci sono molte differenze. Quella dei nostri paesi è stata una storia complicata”. Ma Castro ha definito Obama “onesto” e “umile”, e “non responsabile per i 10 presidenti che lo hanno preceduto”.

Obama si è detto “ottimista” sulla normalizzazione delle relazioni. “Continueremo a fare progressi. Questo – ha aggiunto – è stato un punto di svolta non solo nelle relazioni tra Usa e Cuba ma per i rapporti tra i Paesi nella regione”. Il presidente è convinto che ci sia una “forte maggioranza”, negli Usa come a Cuba, che sostiene il processo di normalizzazione delle relazioni bilaterali tra Washington e L’Avana.

Da registrare anche un incontro casuale (una decina di minuti in tutto) tra Obama e il presidente venezuelano Nicolas Maduro. Secondo quanto riferito dalla Casa Bianca, Obama ha espresso a Maduro il desiderio che si “stabilisca un dialogo pacifico tra le diverse fazioni politiche in Venezuela”. Washington, ha assicurato Obama, “non ha interesse a minacciare il Caracas, ma ha interesse a sostenere la democrazia, la sua stabilità e la sua prosperità del Venezuela”. Da parte sua Maduro ha definito il colloquio “serio” e “franco”, sottolineando che “c’è la possibilità di intraprendere un percorso di colloqui”. “Ci siamo detti cordialmente la verità. Ho detto a Obama – ha aggiunto – che non siamo nemici degli Usa, che siamo rivoluzionari, appassionati, e che vogliamo costruire la pace”.

Ma gli americani cosa dicono della “normalizzazione” dei rapporti con Cuba? A febbraio secondo l’Atlantic Council il 56% era a favore (il 63% in Florida). Un sondaggio più recente (Bendixen & Amandi International) realizzato solo sui cubani americani, tradizionalmente ostili al regime castrista, per la prima volta evidenzia il prevalere dei sì (51%) per la normalizzazione, mentre il 40% resta contrario.

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