Bloomberg, chi ha paura?
Michael Bloomberg non sa ancora se sia il caso, o meno, di tentare la sfida più importante della sua vita, candidandosi alla Casa Bianca. Per decidere ha ancora un po’ di tempo: più o meno fino a maggio, quando scadrà il termine, in Texas, per poter presentare la domanda per veder stampato il proprio nome sulle schede elettorali. Per per altri 36 stati, invece, il termine scade tra agosto e settembre. Al di là delle scadenze burocratiche Bloomberg si è dato fino a primi di marzo per decidere. Se lo facesse alla fine la corsa per la Casa bianca del “dopo Obama” sarebbe una sfida a tre: il candidato democratico, quello repubblicano e lui, indipendente.Un po’ come nel 1992, con George Bush, Bill Clinton e Ross Perot. Ma con alcune differenze sostanziali.
Fonti vicine all’ex sindaco sottolineano infatti che la discesa in campo di Bloomberg scongiurerebbe un duello elettorale tra un “democratico che si oppone al capitalismo ed un repubblicano che vuole deportare 10 milioni di immigrati”. Ovviamente il riferimento è a Sanders e Trump. Per sapere se saranno loro a sfidarsi a novembre dovremo aspettare probabilmente fino alle tornate decisive di marzo delle primarie.
Ma Bloomberg politicamente da che parte sta? Nel 2001 lasciò il partito democratico, per cui simpatizzava, perché i repubblicani gli offrirono la poltrona di sindaco di New York. Nel 2007 salutò il Gop dichiarandosi “indipendente” e riuscendo a vincere, con questa sua nuova casacca, il suo terzo mandato alla guida della Grande Mela. Molti pensano che con quella mossa abbia voluto “studiare” la possibilità di una discesa in campo per le presidenziali del 2008, verificando se vi fosse uno spazio per una candidatura indipendente. La conclusione a cui arrivò è che questo spazio non vi fosse ed arrivò alla stessa conclusione quattro anni dopo, quando di nuovo i media concentrarono i riflettori sua possibile candidatura.
Stavolta può esservi spazio per un candidato indipendente? Dipenderà, come già evidenziato, da quali saranno i candidati dei principali due partiti. Vicino a Wall Street e conservatore sul piano economico e soprattutto fiscale, decisamente liberal per quanto riguarda i temi sociali – aborto, matrimoni gay, ma anche sanità e controllo armi – Bloomberg potrebbe pescare sia a destra che a sinistra, puntando sul voto di chi non ama l’eccessiva polarizzazione dei due partiti, considerato anche il fatto che il numero di elettori che si sentono “indipendenti” in questa fase è nettamente superiore a quello dei registrati dei due grandi partiti. Il 44% degli elettori infatti sono registrati come indipendenti, contro il 29% dei democratici e il 26% dei repubblicani, un numero doppio rispetto al 1992, anno in cui l’indipendente Ross Perot ottenne oltre il 17% . Un altro dato fa riflettere: quasi il 60% degli americani afferma che vorrebbe vedere sulla scheda elettorale del prossimo novembre un terzo partito.
Bloomberg spaventa di più la destra o la sinistra? Uno dei primi ad attaccarlo è stato il sindaco di New York, Bill de Blasio: “Il popolo di questo paese – ha detto il primo cittadino della Grande mela – non si rivolgerà a un miliardario per risolvere problemi creati principalmente da miliardari. Nella sua carriera nella pubblica amministrazione Bloomberg non si è focalizzato sulle disuguaglianze – ha aggiunto – la gente ora pensa alcune persone ricche e potenti ci hanno messo in questo pasticcio, e vogliamo una soluzione che sia diversa”. De Blasio ha ribadito di avere “molto rispetto” per il suo predecessore, ma a suo parere il prossimo presidente americano sarà Hillary Clinton, a cui ha dato il suo endorsement lo scorso ottobre: “Ne sono convinto”.
Inizialmente la Clinton ha preferito non commentare la possibile discesa in campo di Bloomberg. Poi però, convinta dal proprio staff, ha capito che non poteva rimanere in silenzio. E ha fatto sapere che Bloomberg “non avrà bisogno di correre per la presidenza perché io vincerò la nomination democratica”. Una battuta, fatta però non a caso, visto che l’ex sindaco di New York aveva legato la sua possibile discesa in campo alla vittoria delle primarie da parte di Trump, per i repubblicani, e Sanders per i democratici. Intanto, sul fronte opposto, Trump si è dichiarato entusiasta per la possibile candidatura del collega miliardario. Anche se Bloomberg è enormemente più ricco di Trump: vanta un patrimonio di 38,6 miliardi di dollari (Trump è a quota 4,5 miliardi). Se dovesse scendere in campo ha fatto sapere che investirà 1 miliardo di dollari, senza cercare finanziatori.