Rubio è l’uomo giusto?
Gli elettori repubblicani dell’Iowa hanno fermato Donald Trump, assegnando la vittoria dei caucus a Ted Cruz. Siamo appena all’inizio della corsa e, a ben guardare, i risultati del piccolo stato del Midwest non sono così importanti. Ma anche i pochi delegati assegnati dall’Iowa sono interessanti: aiutano a capire lo “stato di salute” dei candidati e le loro reali potenzialità.
Ted Cruz, paladino dei Tea Party, ha mantenuto la promessa fermando Trump. Ma la vera sorpresa è il terzo posto di Marco Rubio, con una percentuale di tutto rispetto, il 23,1%. Al di là delle analisi del voto in Iowa si guarda già al New Hampshire, dove i cittadini saranno chiamati alle urne il 9 febbraio. I sondaggi vedono in testa Trump, con un distacco di circa 20 punti sui suoi rivali. Un abisso se venisse confermato dai dati veri.
Ma torniamo a Rubio. Il risultato in Iowa del giovane senatore di origini cubane, ex delfino di Jeb Bush, è sicuramente importante. Potrebbe essere lui il “moderato” su cui l’establishment del Gop deciderà di puntare. Perché, com’è noto, il Gop non ama né Trump né tantomeno Cruz. Anzi, fra questi due il preferito sarebbe (forse) il miliardario di New York. Rubio, dunque, fa sognare l’establishment del Grand Old Party, che fa il tifo per lui e, a breve, comincerà ad alimentare le sue casse con generosi contributi elettorali, diretti a lui o al Super Pac Conservative Solutions. La stessa macchina da guerra che in tutti questi mesi ha sostenuto Jeb Bush, alla luce della acclarata debolezza dell’ex governatore della Florida dovrebbe fare buon viso a cattivo gioco, dirottando gli sforzi sul giovane senatore.
“Le speranze investite” su Rubio da una parte dell’establishment “sono comprensibili”. Ma che Rubio, beniamino dei Tea Party fino al 2013, possa essere considerato davvero “un moderato” è un altro paio di maniche. A sottolineare questo aspetto è il Financial Times, che come buona parte della stampa britannica dedica ampio spazio ai risultati dell’Iowa e in particolare proprio alla figura di Rubio, visto come un’alternativa in ascesa a Trump o al vincitore dell’Iowa, il senatore Cruz, dipinto da un altro giornale, il Telegraph, come “ancor più conservatore di Trump”. Indicato addirittura come il “nuovo Ronald Reagan” (accostamento che farà rabbrividire i fan più sfegatati di Ronny), Rubio non entusiasma affatto il Financial Times. “La nomination di uno fra Trump e Cruz – scrive il giornale della City – è paventata da tempo dai Repubblicani moderati come un disastro incombente che regalerebbe le elezioni di novembre ai rivali Democratici”. Ma “Rubio può essere spacciato per ‘moderato’ solo in base ai rigidi standard del moderno Partito repubblicano”. Per spiegare la propria tesi il Financial Times cita le idee di Rubio “su temi come l’aborto o il controllo delle armi” e “la posizione sempre più spietata assunta in materia di immigrazione”. Nessuna parola, invece, sui muscoli che il senatore della Florida ha mostrato in materia di politica estera. Muscoli che, a ben vedere, non dispiacciono affatto alla destra americana.