Cuba, Obama non dimentichi la libertà
“Una opportunità storica di impegnarsi con il popolo cubano”: così Barack Obama ha definito la sua visita all’Avana parlando davanti allo staff dell’ambasciata americana a Cuba. “È meraviglioso essere qui”, ha detto sottolineando che un presidente americano non metteva piede nell’isola da quasi 90 anni. L’ultimo, ha ricordato, fu Calvin Coolidge nel 1928. La visita di Obama è storica. Ma accanto alle luci ci sono le ombre. I dissidenti politici imprigionati, il regime dittatoriale, la libertà negata ai cubani, in nome di una “diversità” che resta legata ai vecchi schemi della rivoluzione comunista di Fidel Castro.
Negli Stati Uniti, intanto, divampa la polemica. Donald Trump polemizza perché Raul Castro non si è presentato all’aeroporto per accogliere Obama. “Il presidente Obama atterra a Cuba – scrive su Twitter – una cosa di grande importanza, e il presidente Raul Castro non era neanche lì a riceverlo. È andato a ricevere il papa e altri. Senza rispetto”. Ma è molto più pungente la polemica innescata da Ted Cruz, che contesta alla radice la visita stessa: “Legittima il regime corrotto ed oppressivo di Castro”. Il senatore del Texas, di origine cubana, punta il dito contro la Casa Bianca: “I prigionieri politici che languono nelle galere in tutta l’isola sentiranno questo messaggio: nessuno vi difende, siete abbandonati ai vostri tormentatori, il mondo si è dimenticato di voi”. Il senatore ricorda che suo padre era stato prima “picchiato e torturato dal regime di Batista” e poi “brutalizzato dai criminali di Castro” prima di trovare la libertà negli Stati Uniti. “Questa libertà può arrivare a Cuba ed io mi impegno a lavorare per fare in modo che sia così – ha detto in un articolo pubblicato su Politico – ma questo può succedere arricchendo e rafforzando una dittatura che esporta il terrorismo in tutta l’America Latina”.
La visita di Obama getta le basi per un grande cambiamento a Cuba. Ma il regime castrista, questo è indubbio, si rafforza. Reggerà, evolvendosi verso un sistema alla cinese, o la vicinanza con gli States riuscirà, per osmosi, a trasmettere i germi della democrazia? Lo scopriremo tra qualche anno. La polemica, però, è comprensibile. Specie osservando che mentre Obama raggiungeva l’isola, il regime ordinava a tutti i dissidenti di non uscire dalle proprie case: “Hanno piazzato pattuglie della polizia davanti alle loro abitazioni, per essere sicuri che nessuno si muova”, denuncia, in un’intervista a La Stampa, Elizardo Sanchez, storico dissidente cubano, fermato e poi liberato sabato, dopo il suo arrivo a L’Avana da Miami. “Mi hanno detto che ero in stato di fermo, non di arresto: un gioco di parole per negare l’evidenza – racconta – e dopo tre ore e mezza mi hanno liberato e mandato a casa”. Sanchez rivela che “da quando c’è stato il ristabilimento delle relazioni con gli Stati Uniti, questi arresti di breve durata sono aumentati. Servono al regime per dimostrare che continua a controllare, e può farti qualunque cosa. Poi magari non ti rinchiudono in cella, per convenienza politica. Però vogliono intimidirti, facendoti sapere che potrebbero”. Spiega di essere stato invitato “a incontrare Obama martedì all’ambasciata americana”, e di essere “determinato ad andare, e non penso che fermeranno la decina di dissidenti invitati. Tutti gli altri, però, stanno subendo forti minacce e intimidazioni”. Per lui la visita del presidente Usa “è la ovvia prosecuzione del dialogo aperto, che io condivido. Sono sempre stato contro l’embargo, che è servito solo a far soffrire i cubani, e dare al regime la scusa per sopravvivere grazie alla repressione”.
Un altro segnale importante che qualcosa può davvero cambiare: Google è pronta a estendere l’accesso a internet a Cuba, con banda larga e wi-fi. Ad annunciarlo è lo stesso Obama, in un’intervista alla Abc.
Yoani Sanchez, la blogger dissidente cubana, fa i complimenti a Obama per la sua visita a Cuba e gli chiede di mediare con il governo castrista per migliorare la situazione dei diritti umani nell’isola. 14ymedio.com, la testata digitale della Sanchez, ha intervistato tre oppositori, che hanno spiegato come vedono l’incontro con Obama in programma all’ambasciata Usa. Per Dagoberto Valdès il viaggio di Obama “apre una nuova tappa, nella quale il nemico storico, necessario per questo tipo di sistema totalitario, diventa un amico in visita, e dunque si comincia a focalizzare l’attenzione sul vero problema, ossia la normalizzazione dei rapporti democratici fra il popolo cubano e il suo governo”. Da parte sua, Miriam Celaya sottolinea che non intende insistere sul problema della repressione, ma piuttosto “concentrami su una questione che mi sembra fondamentale, che è la libertà di espressione”. Josè Daniel Ferrer aggiunge di volersi “congratulare con Obama per la sua inattesa iniziativa di un dialogo con Panfilo, il noto comico della tv cubana: non si immagina l’effetto pazzesco che ha avuto sul nostro popolo”.