Usa, il terzo partito sceglie il ticket
Il prossimo 8 novembre gli americani troveranno sulle schede elettorali non solo i nomi di Hillary Clinton e Donald Trump, ma anche quello di Gary Johnson, candidato del Partito libertario (tra poco sapremo se si aggiungerà qualche altro candidato: nel 2012, ad esempio, si presentarono anche i Verdi).
I Libertari, che nel proprio sito si presentano come il “Partito dei Princìpi (Stato minimo, massima libertà), a onor del vero hanno sempre raccolto percentuali esigue. Ma stavolta sono più ottimisti del solito: puntano sul sempre più diffuso malcontento verso la politica, sperando di rosicchiare voti ai principali candidati, e in particolare strizzano l’occhio ai repubblicani che non se la sentono di votare Trump.
Gary Johnson, imprenditore, alla combattuta convention di Orlando (Florida) ha sconfitto Austin Petersen, anche lui imprenditore nonché commentatore politico, e John McAfee, fondatore della software company cui fa capo l’antivirus che porta il suo nome. Johnson ha governato il New Mexico per due mandati (1995-2003), eletto come esponente dei Repubblicani. Il “pezzo forte” nel suo programma elettorale è il taglio delle tasse e della burocrazia. Suo vice sarà l’ex governatore del Massachusetts, William Weld, noto per le posizioni pro-gay, pro-scelta e pro-marijuana per fini medici. Nel 2012 Weld raccolse fondi per la campagna presidenziale di Mitt Romney.
Nella corsa per la Casa Bianca del 2012 Johnson ottenne un misero 1% (1,2 milioni di voti). L’obiettivo stavoltà è più ambizioso. Gli ultimi sondaggi in uno scontro a tre contro Trump e Clinton indicano Johnson al 10%.