Cosa rischia Trump
Trump è indagato dal procuratore speciale Robert Mueller. L’indiscrezione viene resa nota dal Washington Post, nemico giurato del presidente. L’accusa è “ostruzione alla giustizia”. Il quotidiano di Jeff Bezos, che cita funzionari non indentificati, spiega che Mueller sta indagando sulla presunta interferenza della Russia nelle ultime elezioni presidenziali e sulla possibile collusione tra Mosca e la campagna pro Trump. L’ostruzione alla giustizia ovviamente sarebbe subentrata dopo l’insediamento di Trump alla Casa Bianca, nei giorni successivi al licenziamento in tronco dell’ex direttore Fbi James Comey, che indagava proprio sul Russiagate. Tecnicamente il capo d’imputazione potrebbe essere la base per un impeachment nei confronti del presidente.
Il Washington Post scrive che i prossimi testimoni che verranno ascoltati dagli investigatori di Mueller, come persone fermate dei fatti, sono Daniel Coats, attuale Direttore della National Intelligence, Mike Rogers, capo della Nsa (National Security Agency) e Richard Ledgett (vice di Rogers). Molto duro il commento del portavoce del presidente Trump, Mark Corallo: “La fuga di notizie dell’Fbi riguardanti il presidente è scandalosa, ingiustificabile e illegale”.
Il rischio che Trump possa essere “cacciato” con un impeachment, in realtà, è remoto. Ecco perché. Solo il Congresso può avviare il procedimento, e al momento il Congresso è saldamente controllato dai repubblicani. Ed è difficile che in questa fase i parlamentari del Gop voltino le spalle al presidente, rischiando di veder saltare molti progetti che condividono. Un conto è avere un presidente in difficoltà o, per certi versi, nell’angolo. Altra cosa è affondarlo. Tecnicamente, poi, al Senato serve la maggioranza di due terzi (e non è poco), perché un presidente sia rimosso.
La procedura è stata introdotta dai “padri fondatori” degli Stati Uniti, ispirandosi a una legge britannica. La Costituzione prevede tre casi: tradimento, corruzione e “altri gravi crimini e misfatti”. L’ultimo ovviamente può dare luogo a duri scontri tra i giuristi.
Nella storia americana si registrano solo due casi di impeachment: il primo coinvolse il presidente Andrew Johnson (in carica dal 1865 al 1869); il secondo, che molti ricorderanno, vide protagonista Bill Clinton nel 1998. Alcuni erroneamente indicano anche Richard Nixon, per il caso Watergate. In realtà Nixon si dimise prima che la Camera si riunisse per votare la procedura. Johnson subì l’impeachment per aver licenziato il suo ministro della Guerra. Andrew Johnson, all’indomani della Guerra Civile, si scontrò con i repubblicani, che volevano che gli Stati del Sud pagassero di più per stare con l’Unione. Johnson destituì il segretario alla Guerra, Edwins Stanton, senza ave rpima chiesto al Congresso. E così fu “processato”. Al Senato però se la cavò, sia pure di un soffio (un solo voto) (leggi qui).
Bill Clinton è stato il secondo presidente a subire l’impeachment per il caso di Monica Lewinski. Tra i capi d’accusa, oltre alla falsa testimonianza, anche l’ostruzione alla giustizia. In Senato si salvò perché ai 45 senatori repubblicani si aggiunsero soltanto 10 senatori democratici. Le due votazioni di impeachment finirono con questi risultati: falsa testimonianza 55 contrari, 45 favorevoli / ostruzione alla giustizia, 50-50.