Trump va alla guerra (commerciale)
Trump ha deciso: dazi del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio. Li ha definiti “una necessità per la sicurezza” degli Stati Uniti. Canada e Messico saranno inizialmente esentati dai dazi mentre sono in corso i negoziati per rivedere il trattato commerciale Nafta con questi due Paesi. I dazi entreranno in vigore fra 15 giorni. La “guerra commerciale” è partita. “Ciò che avevo promesso l’ho mantenuto”, ha detto il presidente. E in effetti è una delle prime cose che aveva detto di voler fare. Sfidando tutto e tutti. Anche chi è più vicino a lui. Il consigliere economico Gary Cohn, ad esempio, si è già dimesso. Non è un personaggio secondario: a lui si deve il boom delle borsa dopo la deregulation.
Diversi autorevoli membri repubblicani al Congresso Usa prendono le distanze da Trump. “Non sono d’accordo con questa decisione e temo le conseguenze non intenzionali”, ha detto lo speaker della Camera Paul Ryan. Il senatore repubblicano Jeff Flake ha annunciato l’imminente presentazione di un disegno di legge per annullare i dazi. Orrin Hatch, presidente della commissione Finanze del Senato, ha sottolineato che “le guerre commerciali non sono mai vinte, sono sempre perse”. Ed ha aggiunto che “si tratta di un aumento delle tasse per gli industriali, i dipendenti e i consumatori statunitensi”.
Il senatore John McCain pensa che i dazi “non proteggeranno l’America. Riecheggiando fallimentari politiche protezionistiche del passato, la decisione danneggerà l’economia americana, i lavoratori americani e le relazioni dell’America con partner e alleati”.
Ovviamente in Europa c’è forte preoccupazione. Ma questo era scontato. L’Unione europea “andrebbe esclusa”, ha detto il Commissario europeo al Commercio, Cecilia Malmstroem, che ha sottolineato come l’Ue sia uno “stretto alleato” degli Stati Uniti.
La cancelliera tedesca Angela Merkel si è detta “preoccupata” per i pesanti dazi sulle importazioni siderurgiche adottati dagli Usa, “svantaggiosi per tutti”. Per questo, ha detto, la Germania “sostiene l’Ue nella ricerca del dialogo con gli Usa, ma anche con Paesi colpiti” dalle conseguenze, “come la Cina”. Perché, ha avvertito la cancelliera, “nessuno può vincere fino in fondo”.
“Usa e Ue sono alleati naturali – ha scritto su Twitter il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani -. Dovremmo collaborare per affrontare le pratiche commerciali sleali che distruggono i posti di lavoro, non combatterci tra di noi”. La decisione di Trump è “deludente, ma l’Ue seguirà attentamente gli sviluppi, rispondendo in maniera ferma e proporzionata per proteggere i suoi lavoratori e l’industria”.
Nati nel Medioevo, i dazi erano una delle più importanti fonti di entrata per le casse pubbliche, con le tasse che gravavano sulle merci in transito da un territorio all’altro. Lo sviluppo del commercio rese indispensabile ridurre i dazi sul commercio territoriale, istituendo delle “pause” che coincidevano con le fiere cittadine. La nascita degli Stati cambiò le cose: nacquero i trattati commerciali e, in alcuni casi, i “porti franchi”.
Col tempo ci siamo abituati a parlare dei dazi citando la distinzione tra liberismo e protezionismo: “La parola liberismo – si legge sull’Enciclopedia Treccani – è usata in due sensi: nel senso più ristretto di libero scambio, di libertà cioè completa nel commercio internazionale, per cui essa è contrapposta a protezionismo (inteso soprattutto nel significato dell’aiuto dato dallo stato ad alcuni rami della produzione per mezzo della protezione doganale); oppure invece in senso assai più largo e più proprio, nel senso cioè di una politica economica liberale, per cui l’intervento dello stato nel campo della vita economica si riduca al minimo possibile, e l’equilibrio si stabilisca spontaneamente per il libero incontro delle attività individuali. Anche in questo caso, per indicare il contrapposto del liberismo si usa spesso il termine protezionismo, comprendendo sotto questo nome tutte le forme d’intervento dello stato nell’economia nazionale”.
Un politico liberale oggi può essere a favore dei dazi? Direi di no. Ma sono cambiate molte cose negli ultimi anni e lo stesso Trump non rappresenta (né forse vuole rappresentare) il liberalismo economico, incarnato dal Partito repubblicano. Non a caso molti esponenti del Gop vedono i dazi come il fumo negli occhi. Trump se ne infischia. E va avanti per la sua strada. Forse non li vuole nemmeno lui i dazi, ma aprendo questo fronte si prepara a trattare condizioni di maggior favore per il suo Paese.