Sanders e la scelta inevitabile
Parlare di politica in questi giorni in cui il mondo è con il fiato sospeso per l’emergenza coronavirus è difficile. Eppure la politica non si ferma, né può fermarsi. Il senatore Bernie Sanders si è ritirato dalle primarie del Partito democratico. La notizia l’ha comunicata lui stesso mercoledì 8 Aprile, con un video messaggio pubblicato sui propri canali social. “È stata una decisione dolorosa – ha detto – ma non vedevo un altro percorso praticabile per la vittoria”. Ha rassicurato (i suoi sostenitori) di non aver preso questa decisione alla leggera e con una punta di orgoglio ha aggiunto di sentirsi il “vincitore ideologico e generazionale” della competizione. “Il futuro di questo paese è con le nostre idee”, ha aggiunto, facendo sapere che rimarrà in corsa per le votazioni previste negli altri Stati per continuare a raccogliere delegati in vista del Congresso nazionale del Partito democratico, inizialmente in programma a metà luglio ma poi rinviato a partire dal 17 agosto.
A Novembre dunque – coronavirus permettendo – la sfida per la Casa Bianca sarà tra Donald Trump e l’ex vicepresidente Joe Biden. Quest’ultimo ha apprezzato la decisione di Sanders: “Ha messo l’interesse della nazione e la necessità di sconfiggere Donald Trump sopra ogni altra cosa. So quanto sia stato difficile per lui e per i suoi sostenitori prendere questa decisione”, ha aggiunto Biden, “insieme sconfiggeremo Trump”.
Trump è stato tra i primi a commentare la notizia. Lo ha fatto con ironia e sarcasmo, invitando i sostenitori di Sanders a passare nelle fila dei repubblicani dopo essere stati traditi per la seconda volta (dopo il 2016, ndr) dai democratici: “Ringraziate Elizabeth Warren!”, ha scritto su Twitter. Si riferisce alla decisione tardiva della senatrice di ritirarsi dalle primarie che, a suo dire, sarebbe costata a Sanders la sconfitta nel Supertuesday di marzo.
Nel giorno in cui annuncia il suo passo indietro Sanders rivendica alcune battaglie che, a suo dire, fino a pochi anni fa sarebbero state considerate estremiste e stravaganti. “In stati rossi, blu o viola – ha detto gonfiando il petto per la trasversalità del suo messaggio politico – la maggioranza degli americani ora comprende che dobbiamo aumentare il salario minimo, garantire l’assistenza sanitaria, allontanare il nostro sistema energetico dai carbon fossili e rendere l’istruzione universitaria accessibile a tutti”. “Non poco tempo fa – ha aggiunto – queste idee erano considerate estremiste e stravaganti. Ora sono idee del dibattito mainstream e molte sono già applicate nel Paese”. Sanders è triste per la sconfitta ma orgoglioso (pensa) di aver lasciato un’impronta. Ora vuole incidere, per quanto potrà, nell’agenda politica del Partito democratico. Magari a partire dalla scelta del candidato vicepresidente, che come annunciato da Biden sarà una donna.
Biden sa bene che se vuole vincere ha bisogno come il pane anche dei voti di Sanders. Per questo si è mosso subito rivolgendosi al senatore del Vermont: “Voglio che tu sappia che voglio dialogare con te, mi sentirai presto”. Ed ha aggiunto che (Sanders, ndr) “non ha semplicemente portato avanti una campagna elettorale, ma creato un movimento”. Un movimento, ha proseguito, “che oggi è potente come ieri e questa è una cosa buona per il futuro nostro e della nostra nazione”. Biden poi si è rivolto ai sostenitori di Sanders: “Vi vedo, vi ascolto e capisco l’urgenza di quello che dobbiamo fare per il nostro Paese, spero che vi uniate a noi, siete più che benvenuti, siete necessari”. Basteranno queste parole di circostanza a ricompattare un partito che da anni è profondamente diviso al proprio interno?
Tra mille incognite legate all’emergenza coronavirus la sfida per la Casa Bianca è più aperta che mai. E la variabile Covid-19 potrebbe essere determinante.